La relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha denunciato come una flagrante violazione della sua immunità la recente imposizione di sanzioni da parte degli Stati Uniti, conseguente alle sue critiche alla politica statunitense nei confronti della crisi umanitaria a Gaza.
L’esperta, durante un incontro a Bogotà, ha definito la misura “una gravissima e inedita intromissione”, sottolineando la sua profonda serietà e le implicazioni che essa comporta per il diritto internazionale.
Le sanzioni, annunciate dal senatore americano Marco Rubio, sono state giustificate come risposta all’operato di Albanese, accusato di parzialità e strumentalizzazione.
La relatrice ha contestato con forza questa narrazione, evidenziando come l’azione statunitense rappresenti un attacco diretto al sistema delle Nazioni Unite e alla protezione dei suoi funzionari, inclusi gli esperti indipendenti, che agiscono nell’esercizio del loro mandato.
L’episodio si inserisce in un contesto più ampio di crescenti tensioni tra gli Stati Uniti e alcuni attori internazionali impegnati nella difesa dei diritti umani e del diritto internazionale.
Albanese si trova a Bogotà per partecipare a un vertice promosso dal presidente colombiano Gustavo Petro, un’iniziativa volta a esplorare soluzioni concrete al conflitto israelo-palestinese e ad affrontare le sue devastanti conseguenze umanitarie.
Le accuse rivolte ad Albanese derivano in particolare dalle sue reiterate affermazioni, considerate da molti come eccessive, secondo cui Israele potrebbe essere responsabile di crimini di genocidio a Gaza.
Questa posizione controversa ha suscitato aspre critiche e, parallelamente, ha accentuato la polarizzazione attorno alla sua figura e al suo ruolo.
La decisione americana, definita dalla stessa Albanese come un “monito” destinato a intimidire chiunque osi difendere il diritto internazionale, i diritti umani e la ricerca della giustizia, ha provocato un’immediata reazione da parte delle Nazioni Unite, che hanno esortato Washington a revocare le sanzioni.
Anche l’Unione Europea si è allineata, ribadendo il suo sostegno al sistema delle Nazioni Unite per la protezione dei diritti umani e sottolineando l’importanza di salvaguardare l’indipendenza degli esperti incaricati di monitorare e denunciare violazioni.
Il rapporto recentemente pubblicato da Albanese, che esamina il ruolo di aziende – molte delle quali statunitensi – nel sostenere l’economia israeliana attraverso investimenti e attività in territori occupati, ha ulteriormente aggravato le tensioni.
Il documento denuncia il contributo di queste aziende a un sistema che, secondo l’esperta, alimenta l’occupazione illegale, le pratiche discriminatorie e le conseguenze disastrose per la popolazione palestinese.
Le accuse contenute nel rapporto hanno innescato una reazione veemente da parte delle autorità israeliane e hanno sollevato questioni etiche e legali per le aziende coinvolte.
L’incidente solleva interrogativi cruciali sulla libertà di espressione, la responsabilità delle aziende nel contesto di conflitti internazionali e la salvaguardia del diritto internazionale umanitario.