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Trentacinque anni fa: l’invasione del Kuwait e la Guerra del Golfo

L’alba del 2 agosto 1990 fu teatro di un atto di aggressione che avrebbe ridefinito gli equilibri geopolitici del Medio Oriente e generato un conflitto di proporzioni globali: l’invasione del Kuwait da parte dell’esercito iracheno, guidato dal regime di Saddam Hussein.

L’azione, presentata dal leader iracheno come una risposta a presunte estrazioni illegali di petrolio da giacimenti di confine – un pretesto che nascondeva ambizioni territoriali e di potere ben più complesse – segnò l’inizio di un evento che oggi celebriamo, o meglio, ricordiamo a trentacinque anni di distanza: la Guerra del Golfo, o Tempesta del Deserto, come venne poi definita.

L’invasione non fu semplicemente un atto di forza, ma il culmine di una lunga e intricata storia di rivendicazioni e tensioni tra Iraq e Kuwait.
Il Kuwait, piccolo emirato ricchissimo di petrolio, era stato a lungo oggetto di dispute territoriali da parte dell’Iraq, che rivendicava antiche pretese storiche e accusava il Kuwait di esercitare una politica di svalutazione del petrolio, danneggiando l’economia irachena già provata dalla guerra con l’Iran.

Queste rivendicazioni erano spesso accompagnate da richieste di cancellazione dei debiti contratti dall’Iraq durante la guerra precedente, debiti che il Kuwait rifiutava di saldare integralmente.
La decisione di Saddam Hussein, tuttavia, fu anche influenzata da una complessa valutazione del contesto internazionale.

L’amministrazione Reagan, in una fase di transizione e indebolita da scandali interni, appariva meno incline a intervenire militarmente.

Saddam, inoltre, contava sul sostegno di alcune potenze arabe, convinte che l’intervento iracheno potesse destabilizzare un Kuwait percepito come troppo legato agli interessi occidentali.

L’invasione scatenò una reazione immediata dalla comunità internazionale.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite condannò l’aggressione e impose sanzioni economiche contro l’Iraq.

Gli Stati Uniti, sotto la presidenza George H.

W.
Bush, assunsero rapidamente la leadership di una coalizione internazionale, comprendente paesi arabi, europei e altri alleati, con l’obiettivo di liberare il Kuwait.
La successiva operazione militare, denominata “Tempesta del Deserto”, fu caratterizzata dall’uso innovativo di tecnologie avanzate, come la guida di precisione dei missili e l’utilizzo di droni per la ricognizione.
La superiorità tecnologica della coalizione, unita alla strategia di “shock and awe” – una campagna di bombardamenti mirata a paralizzare le capacità militari irachene e minare il morale delle truppe – portò a una rapida vittoria.
L’esercito iracheno, numericamente superiore ma scarsamente equipaggiato e mal coordinato, fu costretto a ritirarsi dal Kuwait in meno di un mese.
La Guerra del Golfo, tuttavia, ebbe conseguenze durature.
Le sanzioni economiche imposte all’Iraq, benché mirate a indebolire il regime di Saddam Hussein, ebbero un impatto devastante sulla popolazione civile, aggravando la crisi umanitaria e generando un terreno fertile per il risentimento e l’instabilità.

L’intervento militare, sebbene considerato un successo immediato, sollevò anche interrogativi sull’uso della forza e sul ruolo degli Stati Uniti nel Medio Oriente, presagiando conflitti futuri e contribuendo a plasmare il panorama geopolitico del XXI secolo.

L’eredità di quella guerra, e la sua gestione, risuona ancora oggi, in un Medio Oriente fragile e complesso.

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