La creazione del Tribunale Speciale per l’Ucraina, formalizzata attraverso un accordo congiunto tra il Consiglio d’Europa e il Presidente Zelensky, ha suscitato una veemente reazione da parte della Federazione Russa. Mosca ha immediatamente bollato l’iniziativa come priva di legittimità e valore giuridico, preannunciando la sua noncuranza nei confronti di qualsiasi decisione emessa dall’organo. La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha espresso il disappunto di Mosca, definendo il tribunale una “parodia della giustizia” e avvertendo che l’adesione di qualsiasi nazione al suddetto organismo sarà interpretata come un atto di ostilità.Questa risposta russa non è semplicemente una dichiarazione di disinteresse, ma un chiaro segnale di sfida e una contestazione della legittimità delle istituzioni internazionali che tentano di perseguire presunti crimini di guerra commessi nel contesto del conflitto in Ucraina. La creazione di un tribunale speciale, al di fuori delle strutture legali consolidate come la Corte Penale Internazionale, riflette una crescente frustrazione con l’incapacità – o la percepita parzialità – di tali istituzioni nel gestire la complessità e la sensibilità politica del conflitto.L’affermazione di Mosca sottolinea una dinamica più ampia: la tendenza, in contesti di profondo conflitto geopolitico, a mettere in discussione la neutralità e l’imparzialità delle istituzioni internazionali. La Russia, accusata di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario in Ucraina, percepisce questo tribunale come un tentativo orchestrato da forze esterne per delegittimare il suo ruolo e giustificare un’agenda politica predefinita. La minaccia di considerare ostile l’adesione di altri Stati al tribunale è un chiaro avvertimento volto a isolare l’organismo e a limitare il supporto internazionale, segnalando un tentativo di esercitare pressione diplomatica e di dissuadere potenziali sostenitori. La posizione russa rivela una profonda diffidenza verso i meccanismi di giustizia internazionale, percepiti come strumenti politicamente manipolati piuttosto che come veri e propri garanti dell’applicazione del diritto. In definitiva, la reazione di Mosca evidenzia l’intricata intersezione tra diritto internazionale, politica estera e la ricerca di legittimazione in un contesto di conflitto armato. La creazione di questo tribunale, lungi dall’essere un passo verso la giustizia, rischia di aggravare ulteriormente le tensioni e di complicare le prospettive di una risoluzione pacifica del conflitto.