22 maggio 2025 – 18:48
La proposta di revisione delle intercettazioni telefoniche avanzata dal Ministro della Giustizia, Nordio, che ne sottolinea l’onerosità e suggerisce un ritorno a tecniche investigative più tradizionali come i pedinamenti, solleva interrogativi cruciali sull’efficacia e la sostenibilità delle strategie di contrasto alla criminalità organizzata. L’osservazione pungente del procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, evidenzia l’inadeguatezza di un approccio che trascura la rapidità e la pervasività delle nuove forme di comunicazione criminale. Nell’era digitale, con la possibilità di orchestrare transazioni di ingenti quantità di sostanze illecite attraverso piattaforme oscure accessibili da un semplice smartphone, la mera pedinamento si rivela un metodo inefficiente, se non irrealizzabile, per intercettare reti criminali ramificate e globalizzate.Durante la presentazione del suo libro, “Una Cosa sola – Come le mafie si sono integrate al potere”, Gratteri ha polemizzato con l’affermazione del Ministro, definendola una semplificazione pericolosa che ignora l’impatto concreto delle intercettazioni nel perseguimento della giustizia. L’accumulo di anni di esperienza sul campo, dal 1986, ha convinto il magistrato che il silenzio di fronte a scelte politiche discutibili, in particolare quelle che limitano gli strumenti investigativi, configura una forma di complicità.La discussione si è intensificata con l’accusa, rivolta al Ministro, di esercitare pressioni disciplinari nei confronti dei magistrati che esprimono critiche all’operato del governo. Gratteri ha ribadito la necessità di una franchezza incondizionata da parte dei funzionari pubblici, soprattutto quando si tratta di tutelare l’interesse collettivo. Il costo annuale delle intercettazioni, quantificato in 170 milioni di euro, appare marginale se confrontato con i risultati ottenuti: arresti di criminali, sequestri di beni per milioni di euro, recupero di risorse illecite. L’esempio concreto fornito dal procuratore, quello del collaboratore di giustizia, ex hacker del Ministero, che ha permesso di recuperare 42 milioni di bitcoin, poi convertiti in euro, illustra il valore strategico delle intercettazioni nella lotta contro il crimine finanziario e nella repressione delle attività illecite ad esso connesse. La questione sollevata non è solo economica, ma soprattutto di sicurezza e di garanzia del diritto alla legalità. Limitare gli strumenti investigativi significa rendere più agevole l’operato delle organizzazioni criminali, che si adattano rapidamente alle nuove tecnologie e sfruttano le vulnerabilità del sistema. Un approccio pragmatico e realista impone di valutare i costi e i benefici di ogni strumento, senza pregiudizi ideologici, al fine di garantire un sistema giudiziario efficace e in grado di proteggere la società.