La vicenda di Ada, la donna di 44 anni residente in Campania affetta da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), segna un capitolo significativo nell’applicazione della legge che consente l’assistenza alla morte volontaria in Italia.
Una verifica approfondita delle sue condizioni di salute, condotta dalla Azienda Sanitaria Locale (ASL), ha certificato il possesso di tutti i requisiti stabiliti dalla normativa e dalle sentenze della Corte Costituzionale.
Questa decisione, resa pubblica dall’associazione Luca Coscioni, apre la strada, nel pieno rispetto dei diritti individuali e delle garanzie sancite dalla Costituzione, alla possibilità per Ada di accedere all’assistenza alla morte volontaria, quando e se lo riterrà opportuno.
La sentenza ASL rappresenta un punto di svolta, non solo per Ada ma per tutti coloro che, come lei, si trovano ad affrontare la progressiva perdita di autonomia e la sofferenza intrinseca legata alla SLA.
La malattia, neurodegenerativa e irreversibile, comporta un deterioramento inesorabile delle funzioni motorie e respiratorie, con conseguenze devastanti sulla qualità della vita.
La possibilità di scegliere il momento e le modalità di conclusione del proprio percorso, in condizioni di sofferenza insopportabile e senza speranza di miglioramento, rappresenta un diritto fondamentale, espressione della dignità umana e del diritto all’autodeterminazione.
L’associazione Luca Coscioni ha sottolineato come questa decisione segni un passo avanti cruciale nel riconoscimento e nell’attuazione di un diritto costituzionalmente garantito, frutto di un lungo e complesso iter giudiziario che ha visto la Corte Costituzionale dichiarare incostituzionale la precedente normativa, considerata troppo restrittiva.
L’ASL procederà ora a definire le modalità pratiche per l’accesso all’assistenza, inclusa l’individuazione del farmaco e le procedure per l’autosomministrazione, nel rispetto dei protocolli stabiliti dalla legge.
Le parole di Ada, “La SLA ha perso, io ho vinto.
Non trascorrerò nemmeno un minuto in più ad avere paura di ciò che può farmi”, esprimono un senso di liberazione e di riappropriazione del proprio corpo e della propria vita.
La sua dichiarazione trascende la dimensione personale, diventando un simbolo di speranza e di coraggio per tutti coloro che si trovano in situazioni simili, offrendo la possibilità di affrontare il futuro con maggiore serenità e dignità.
Questa vicenda riapre, inoltre, un dibattito cruciale sul diritto alla morte dignitosa, sulla necessità di garantire un supporto adeguato ai pazienti affetti da malattie degenerative e sulla responsabilità del sistema sanitario nel rispondere alle esigenze di cura e di assistenza in tutte le fasi della vita.
La vicenda di Ada pone l’accento sull’importanza di una legislazione chiara e applicabile, che permetta ai pazienti di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione in modo consapevole e supportato, nel rispetto della loro dignità e dei loro valori.