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Aggressione a Ranucci: una ferita al giornalismo e alla democrazia.

L’aggressione subita da Sigfrido Ranucci rappresenta una frattura profonda nel tessuto della nostra società, un campanello d’allarme che risuona con eco inquietante.
Non si tratta di un evento isolato, ma di una manifestazione angosciante di una persistente cultura dell’intimidazione che, purtroppo, non sembra voler estinguersi.

L’attentato scuote non solo il mondo del giornalismo, ma intere generazioni abituate a un’idea distorta di informazione.
L’episodio ci obbliga a un’incalzante riflessione sulla condizione attuale del giornalismo, una professione che, paradossalmente, si sta erodendo dall’interno.
La ricerca della verità, l’indagine approfondita, la verifica meticolosa dei fatti: attività che un tempo costituivano il cuore pulsante dell’informazione, oggi appaiono sempre più rare, soffocate da un sistema che premia la velocità, la superficialità e l’adeguamento a logiche di mercato.

Le parole di Rosaria Capacchione, testimone diretta della precarietà e dei pericoli che gravano su chi sceglie di raccontare la verità, assumono un significato ancora più intenso.

La sua esperienza, segnata da anni vissuti sotto scorta a causa delle minacce ricevute, illumina la realtà di un giornalismo coraggioso, spesso isolato e fragile.
Ranucci aveva espresso, con lucidità, il senso di solitudine che accompagna chi intraprende il percorso dell’inchiesta complessa, quella che scava nel profondo delle dinamiche di potere, che denuncia le ingiustizie e mette a nudo le responsabilità.

La sua lamentela non è una semplice accusa, ma un grido d’allarme che rivela una profonda crisi di valori e di impegno civile.

Il giornalismo moderno è spesso intrappolato in un vortice di superficialità, alimentato dalle dinamiche dei social media e dalla pressione di un mercato sempre più esigente.

La verifica delle fonti, la contestualizzazione delle notizie, l’analisi critica delle informazioni: attività che richiedono tempo, competenza e un forte senso dell’etica professionale, si perdono in un flusso continuo di aggiornamenti e di contenuti effimeri.
L’attentato a Ranucci non è solo un atto di violenza fisica, ma un attacco alla libertà di informazione, un tentativo di intimidire chiunque osi mettere in discussione lo status quo.

È un momento cruciale per il giornalismo italiano, un’occasione per riscoprire il valore della responsabilità, dell’indipendenza e del coraggio.

È necessario un ritorno ai principi fondamentali della professione, un impegno collettivo per difendere la verità e per garantire che il giornalismo possa continuare a svolgere il suo ruolo essenziale nella società democratica.
La solidarietà verso Ranucci e verso tutti coloro che, come lui, scelgono di fare un lavoro di inchiesta rigoroso e indipendente, è il primo passo per contrastare l’oscurantismo e per riaffermare il diritto di tutti i cittadini a essere informati.

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