La vicenda di Alfredo Fico, tragicamente scomparso all’età di 25 anni nell’aprile 2019 presso l’ospedale del Mare di Napoli, e parallelamente il caso di una donna di 39 anni deceduta nello stesso nosocomio, sollevano interrogativi profondi e inquietanti sulla gestione della salute mentale e le responsabilità del sistema sanitario.
Il Tribunale Civile di Napoli ha formulato un’importante pronuncia, suggerendo un risarcimento all’Asl Napoli 1, evidenziando una carenza assistenziale che, secondo le stime, avrebbe potuto ridurre le possibilità di sopravvivenza di Fico almeno del 20%.
La questione si inserisce in un contesto allarmante, già precedentemente segnalato dalla famiglia della donna di 39 anni, anch’essa assistita dall’avvocato Amedeo Di Pietro, e sottolinea una potenziale sistematica carenza di controllo e vigilanza nelle procedure di contenimento e sedazione dei pazienti psichiatrici.
L’analisi dei consulenti del giudice, pur escludendo un comportamento medico caratterizzato da negligenza, imprudenza o imperizia nella fase critica iniziale, ha individuato una criticità rilevante nel monitoraggio post-critico.
In particolare, si evidenzia una lacuna nel controllo scrupoloso dell’elettrocardiogramma, con particolare riferimento alla misurazione del QT lungo, un parametro essenziale per la valutazione del rischio di aritmie cardiache, specialmente in pazienti trattati con farmaci psicoattivi.
Questa omissione, secondo gli esperti, ha contribuito a diminuire significativamente le prospettive di sopravvivenza del giovane paziente, sottraendogli, in termini probabilistici, un venti percento di possibilità di un esito più favorevole.
Un aspetto cruciale sollevato dall’avvocato Di Pietro concerne la legittimità dell’applicazione del trattamento sanitario obbligatorio, che prevede procedure di sedazione e contenzione, senza l’ottenimento delle necessarie autorizzazioni legali e cliniche.
Questa circostanza pone interrogativi sulla trasparenza e il rispetto dei diritti del paziente, in un contesto in cui la salute mentale è spesso afflitta da stigma e pregiudizi.
La storia di Alfredo Fico è stata preceduta da un percorso di ricoveri, innescato da una crisi pantoclastica, caratterizzata da un’impulsività distruttiva.
Le ripetute crisi hanno richiesto interventi farmacologici e terapeutici.
La mattina del 9 aprile 2019, la scoperta del corpo del giovane, legato al letto, ha rappresentato un evento traumatico, non solo per la famiglia, ma per l’intera comunità.
Questi casi non sono isolati e richiedono un’indagine approfondita non solo a livello locale, ma anche a livello nazionale.
È imperativo che vengano implementate misure volte a garantire la sicurezza dei pazienti psichiatrici, a rafforzare la formazione del personale sanitario, a promuovere una cultura della trasparenza e della responsabilità e a investire in servizi di salute mentale accessibili e di qualità.
La tutela della dignità e dei diritti delle persone con disturbi mentali deve essere una priorità assoluta del sistema sanitario, evitando che tragedie simili si ripetano in futuro.
L’episodio sollecita una riflessione più ampia sui limiti del trattamento sanitario obbligatorio e sulla necessità di bilanciare l’imperativo di tutela della persona con la garanzia dei suoi diritti fondamentali.