Quindici anni di attesa, un lutto mai sopito, una ferita ancora aperta nel tessuto sociale di Pollica e, oggi, un capitolo potenzialmente decisivo nella ricerca della verità sull’omicidio del sindaco pescatore Angelo Vassallo.
Davanti alla Cittadella Giudiziaria di Salerno, Dario Vassallo, fratello del defunto primo cittadino, ha espresso un sentimento complesso, un misto di speranza e amarezza, sottolineando che non si tratta di un desiderio di vendetta, bensì di un’implacabile ricerca della giustizia e della verità.
Questo momento, definita “una giornata importante per l’Italia intera”, segna il primo atto processuale a carico di cinque indagati, persone collegate, secondo le indagini, alla tragica scomparsa di Angelo Vassallo.
La promessa di un processo volto a stabilire le responsabilità è accolta con cauta ottimismo da Dario Vassallo, che immagina un sorriso, lontano, del fratello, grato per l’impegno profuso per fare luce su una vicenda intricata e dolorosa.
La gravità della situazione è amplificata dalla presenza, tra gli indagati, di figure legate all’apparato statale, un elemento che, a detta di Dario Vassallo, getta un’ombra inquietante sull’integrità delle istituzioni.
L’assenza di un reale sostegno politico, in particolare da parte del Partito Democratico, è aspramente criticata, con una richiesta esplicita di un gesto di contrizione che vada oltre le semplici parole.
L’orizzonte, tuttavia, non si limita a questo primo processo.
Dario Vassallo prevede con certezza che l’inchiesta si estenderà, coinvolgendo ulteriori figure, direttamente o indirettamente implicate nella tragedia.
Si tratta di un intreccio di responsabilità che si dipana al di là delle accuse formulate oggi, indicando la complessità della rete che ha portato alla morte di Angelo Vassallo.
Al fianco della famiglia Vassallo, l’avvocato Antonio Ingroia ha sottolineato l’importanza di questo momento, ribadendo che la giustizia, seppur lenta e tardiva, alla fine prevale.
Egli ha riconosciuto il merito della Procura di Salerno e dei Carabinieri del ROS per le indagini condotte senza timori o favoritismi.
La presenza di numerose associazioni come parte civile testimonia la vitalità di un’Italia ancora capace di credere nella giustizia, di aspirare alla verità e di chiedere che sia fatta giustizia.
Questo processo non è solo una questione legale, ma un atto di civiltà, un impegno a non dimenticare e a non permettere che l’impunità corroda le fondamenta della democrazia.
La ricerca della verità, in questo caso, è un dovere morale verso Angelo Vassallo, la sua famiglia e l’intera comunità.