La vicenda giudiziaria che ha coinvolto i proprietari del prestigioso marchio napoletano Barbaro, celebre per la sua raffinata offerta di abbigliamento e accessori di lusso, si è conclusa con un’assoluzione piena e definitiva, un esito che attesta l’infondatezza delle accuse di bancarotta fraudolenta.
Un procedimento complesso, avviato a seguito di un sequestro preventivo risalente al 2016, per un presunto dissesto finanziario stimato in quattro milioni di euro, si è rivelato privo di fondamento, sancendo la riabilitazione dei membri della famiglia Barbaro.
L’inchiesta, originariamente incentrata sulla presunta sottrazione di risorse finanziarie dalla società Barbaro srl a favore della controllata Barbaro BeV, aveva generato un’ondata di clamore mediatico e un acceso dibattito sulla gestione patrimoniale e sulla trasparenza aziendale.
L’ipotesi accusatoria riteneva che i fondi aziendali fossero stati trasferiti in modo artificioso per eludere i creditori in seguito al fallimento, configurando un reato di bancarotta fraudolenta.
La sentenza, emessa dalla quinta sezione penale collegiale del Tribunale di Napoli, presieduta dal giudice Sorrentino, con l’apporto dei giudici a latere Ferrigno e De Stefano, ha respinto integralmente le accuse, riconoscendo la piena assenza di elementi probatori a sostegno della tesi dell’illecito.
L’assoluzione rappresenta un punto di svolta per la famiglia Barbaro, liberata da un’ombra che ne ha oscurato la reputazione per anni.
La difesa, guidata dagli avvocati Gino Fabio Fulgeri e Gaetano Balice, ha fin dall’inizio sostenuto l’innocenza dei propri clienti, sottolineando la loro volontà di collaborare con le autorità e la disponibilità a dimostrare la correttezza delle operazioni finanziarie.
L’avvocato Fulgeri ha espresso soddisfazione per l’esito del processo, auspicando che la vicenda si chiuda definitivamente, permettendo alla famiglia di concentrarsi sulla rinascita e lo sviluppo del marchio Barbaro.
La vicenda ha messo in luce la delicatezza della gestione patrimoniale in contesti aziendali complessi, dove la linea di demarcazione tra strategie finanziarie legittime e pratiche fraudolente può essere sottile.
La durata del procedimento, protrattosi per nove anni, ha evidenziato le sfide intrinseche alla giustizia penale, dove la complessità delle indagini e la necessità di raccogliere prove inconfutabili possono rallentare i tempi decisionali.
L’assoluzione, pur giunta in ritardo, ristabilisce la verità sostanziale e tutela l’onore dei membri della famiglia Barbaro, restituendo loro la possibilità di ricostruire la propria immagine pubblica e di guardare al futuro con rinnovata fiducia, lasciando alle spalle un capitolo doloroso e ingiusto.
Il caso, inoltre, pone interrogativi sulla necessità di una maggiore chiarezza e trasparenza nei rapporti tra aziende, fisco e istituzioni giudiziarie.






