Un episodio di violenza inaudita ha scosso la comunità penitenziaria del carcere di Aversa, mettendo a nudo le fragilità strutturali di un sistema sotto pressione.
Un detenuto, precedentemente noto per un’aggressione a un sovrintendente, ha perpetrato un nuovo attacco brutale, colpendo un agente con un’arma improvvisata e causandogli una frattura al sopracciglio.
La situazione è precipitata ulteriormente con un incendio doloso all’interno della cella, che ha comportato l’intossicazione di due agenti intervenuti per garantire la sicurezza del detenuto stesso.
Raffaele Munno, vicesegretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), ha espresso la profonda preoccupazione del sindacato per l’escalation della violenza e ha ribadito la solidarietà verso i colleghi feriti, augurando loro una pronta guarigione.
L’incidente, secondo Munno, è sintomatico di un problema più ampio: la crescente frequenza di eventi critici, esacerbata dalle carenze di personale che costringono a un’accorpamento dei turni e a un aumento del carico di lavoro per gli agenti.
Il sindacalista denuncia apertamente un pericoloso effetto emulazione, alimentato dalla percepita impunità che deriva dalla reiterata commissione di atti violenti.
Le aggressioni, le risse, l’autolesionismo e i tentativi di suicidio non rappresentano più eccezioni, ma elementi disturbanti nella routine carceraria.
L’urgenza di interventi strutturali si fa pressante, con un focus primario sulla gestione del sovraffollamento, un fattore critico che mina la sicurezza e la dignità sia del personale che dei detenuti.
Si esclude la possibilità di misure di clemenza come indulti o amnistie, privilegiando invece un inasprimento delle sanzioni per chi si rende responsabile di atti di violenza nei confronti del personale penitenziario.
Donato Capece, segretario generale del Sappe, pur riconoscendo un miglioramento nell’ascolto e nella sensibilità dimostrata dall’attuale governo e dall’Amministrazione Penitenziaria rispetto al passato, sottolinea che le buone intenzioni non sono sufficienti.
Si richiede uno sforzo decisivo e duraturo, traducibile in azioni concrete e coraggiose, che vadano oltre le dichiarazioni di intenti e affrontino le radici del problema.
L’obiettivo è ristabilire un ambiente penitenziario sicuro, ordinato e rispettoso dei diritti di tutti, dove il principio di legalità sia effettivamente applicabile e la sicurezza del personale non sia compromessa da una gestione deficitaria e da una carenza di risorse umane.
La sfida è complessa, ma la necessità di un cambiamento radicale è innegabile.