Il caso Francesco Pio Valda, il cosiddetto “baby-boss” napoletano, continua a generare ripercussioni e interrogativi sul tessuto criminale e sulla giustizia.
La sentenza di primo grado, che lo ha condannato all’ergastolo per l’omicidio del pizzaiolo Francesco Pio Maimone, avvenuto il 20 marzo 2023 in un contesto di violenza tra gruppi rivali a Mergellina, rappresenta un punto fermo.
Tuttavia, l’apertura del processo di appello presso la Corte di Assise partenopea solleva nuove dinamiche e complessità.
Il delitto di Maimone, una vittima innocente travolto da una spirale di vendette e lotte per il controllo del territorio, ha acceso i riflettori su un sistema di potere radicato, dove la giovane età di Valda non attenua la gravità delle sue responsabilità.
L’ergastolo inflitto, definito “giusto e congruo” dal sostituto procuratore Paola Correra, si configura come un messaggio forte contro la criminalità organizzata e la sua capacità di inquinare la vita di persone estranee.
L’appello non coinvolge solo Valda.
Un gruppo di familiari e amici, inizialmente condannati con pene inferiori, è ora al vaglio della Corte.
Un elemento cruciale nel dibattito è rappresentato dalla richiesta di acquisizione della sentenza della Cassazione riguardante Rocco Sorrentino, fornitore dell’arma utilizzata da Valda, condannato in abbreviato con l’aggravante mafiosa.
Questa richiesta, avanzata dall’avvocato Sergio Pisani, difensore dei genitori della vittima, mira a fornire ulteriori elementi di contesto e a delineare in modo più chiaro la rete di relazioni che ha portato al tragico epilogo.
La Procura Generale, nel suo intervento, ha espresso l’auspicio di una conferma delle condanne già inflitte a Valda, Saiz, Niglio e Clemente, pur formulando una richiesta di rideterminazione della pena per Mancini.
Le pene di primo grado, che vedevano coinvolti anche cugina, amici e familiari del baby-boss, spaziano da due anni e sei mesi a quattro anni e sei mesi di reclusione, con l’aggiunta di una multa di 6.000 euro per la nonna di Valda.
Il processo d’appello si configura quindi come un’occasione per approfondire le responsabilità individuali all’interno di una dinamica criminale complessa, per ricostruire la catena degli eventi che hanno portato alla morte di Francesco Pio Maimone e per valutare la congruità delle pene inflitte.
Oltre alla giustizia per la vittima e i suoi familiari, l’obiettivo è quello di comprendere a fondo le radici del fenomeno criminale e di rafforzare le strategie di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata nel tessuto sociale napoletano.
Il caso Valda, più che una vicenda giudiziaria, rappresenta un campanello d’allarme sulla fragilità del sistema e sulla necessità di un impegno costante per proteggere i più vulnerabili e per restituire legalità e sicurezza alla comunità.







