Il dramma che ha scosso Boscoreale, in provincia di Napoli, e che culmina ora in una richiesta di ergastolo da parte della Procura di Torre Annunziata, incarna una dolorosa realtà di violenza e criminalità radicata nel tessuto sociale.
L’omicidio del pescivendolo Antonio Morione, avvenuto il 23 dicembre 2021, non è stato un semplice fatto di cronaca, ma il tragico epilogo di un piano criminale volto a depredare i fratelli Morione, attraverso due rapine mirate alle loro attività commerciali.
La Procura, rappresentata dai magistrati Andreana Ambrosino e Giuliana Moccia, ha formulato un’imponente richiesta di condanna all’ergastolo nei confronti di quattro individui: Giuseppe Vangone, Luigi Di Napoli, Francesco Acunzo e Angelo Palumbo.
Il loro coinvolgimento è stato ricostruito attraverso un’indagine complessa, che ha fatto luce non solo sull’esecuzione del furto, ma anche sulle dinamiche interne al gruppo criminale e sui possibili mandanti.
Il ferimento mortale di Morione, avvenuto mentre tentava, con un atto di coraggio e disperazione, di ostacolare la fuga dei rapinatori danneggiando un pneumatico del veicolo utilizzato, ha esacerbato la gravità del reato.
Le immagini video, elemento cruciale nella ricostruzione degli eventi, hanno immortalato l’esecuzione del gesto fatale: si ritiene che a premere il grilletto sia stato Giuseppe Vangone, figura con precedenti penali e legata al clan Limelli-Vangone, mentre Luigi Di Napoli, già condannato per il tentato omicidio del proprio legale, avrebbe fornito l’arma.
Questo dettaglio suggerisce una pregressa propensione alla violenza e una spregiudicatezza che ha portato a una perdita di vite umane.
Oltre ai presunti esecutori materiali, la Procura ha esteso l’accusa di concorso in rapina e associazione a delinquere anche a Francesco Acunzo e Angelo Palumbo, indicati come partecipi all’organizzazione delle due rapine ai danni dei fratelli Morione.
Questo implica un’analisi non solo delle azioni immediate, ma anche della pianificazione e del ruolo di questi individui all’interno di una struttura criminale più ampia.
Il caso Morione solleva interrogativi profondi sul degrado sociale e sulla necessità di un intervento mirato per contrastare la criminalità organizzata, non solo attraverso la repressione, ma anche attraverso la riqualificazione del territorio e il sostegno alle fasce più vulnerabili della popolazione.
La richiesta di ergastolo rappresenta un atto di giustizia nei confronti della vittima e della sua famiglia, ma anche un monito per chiunque pensi di poter agire impunemente, seminando paura e morte.
Il processo presso la Corte di Assise di Napoli si preannuncia cruciale per stabilire la verità dei fatti e applicare la dovuta pena, auspicando una risposta concreta e duratura per riportare la legalità e la sicurezza nel territorio.







