La vicenda che coinvolge Ciro Buonajuto, esponente dell’Anci e aspirante consigliere regionale in Campania, si configura come un’escalation di accuse e contro-repliche che mette in luce dinamiche complesse all’interno di istituzioni chiave come l’Ente Autonomo Volontario (EAV) e le Aziende Sanitarie Locali (ASL).
L’innesco è una denuncia, formulata dalla consigliera regionale indipendente Mari Muscarà, che contesta la trasparenza e l’imparzialità nell’assegnazione di incarichi retribuiti, suggerendo un collegamento diretto con una campagna elettorale in corso.
L’accusa centrale ruota attorno alla presunta erogazione di finanziamenti occulti attraverso l’affidamento di incarichi professionali, beneficiando di fatto uno specifico candidato alle elezioni regionali.
Questa dinamica solleva interrogativi cruciali sulla gestione delle risorse pubbliche e sul rispetto dei principi di rotazione e concorrenza, pilastri fondamentali per la prevenzione di fenomeni corruttivi.
L’EAV si difende, sostenendo che gli incarichi vengono assegnati sulla base di procedure definite, con riferimento alle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e della Corte di Giustizia Europea.
La presenza del nome di Buonajuto in una “short list” preesistente viene presentata come elemento a suo favore, volta a dimostrare la regolarità del processo.
Tuttavia, l’escalation del conflitto porta l’EAV a una decisione inaspettata: la revoca degli incarichi attribuiti a Buonajuto, una mossa apparentemente volta a disinnescare ulteriori polemiche e a evitare strumentalizzazioni.
La risposta di Buonajuto non si fa attendere.
L’esponente dell’Anci respinge con fermezza le accuse, definendole “infamanti” e annunciando l’avvio di un’azione legale.
La sua difesa è improntata a un’asserita irreprensibilità morale e professionale, sottolineando il suo costante impegno per la legalità e la trasparenza, valori che, a suo dire, hanno sempre guidato le sue azioni sia in ambito privato che politico.
Questa dichiarazione evidenzia la gravità percepita delle accuse e l’intenzione di tutelare la propria reputazione attraverso i canali legali.
La vicenda, pur nella sua specificità, riflette una problematica più ampia che riguarda la gestione degli enti pubblici e la necessità di garantire processi decisionali trasparenti e imparziali.
La questione solleva interrogativi sulla responsabilità dei dirigenti, sulla necessità di controlli efficaci e sulla percezione di una crescente distanza tra cittadini e istituzioni.
La revoca degli incarichi, seppur presentata come gesto di trasparenza, rischia di non dissipare i dubbi e di alimentare ulteriormente la sfiducia nei confronti del sistema politico regionale.
L’avvio dell’azione legale da parte di Buonajuto segnala, infine, la volontà di perseguire la verità e di ristabilire la propria immagine pubblica, ma lascia presagire una lunga e complessa battaglia legale.