La campagna elettorale per le elezioni regionali in Campania si appresta a irrompere nella sua fase conclusiva, segnata da un’intensificazione degli scontri polemici.
Al centro dell’ultima escalation, una vicenda immobiliare che coinvolge Roberto Fico, candidato del cosiddetto “campo largo”, oggetto di un attacco mirato da parte di Fratelli d’Italia.
Il senatore Sergio Rastrelli ha ripreso un articolo del quotidiano “La Verità” per sollevare dubbi sulla regolarizzazione di una proprietà a San Felice Circeo, ipotizzando un utilizzo improprio di una sanatoria edilizia.
La questione ruota attorno a un immobile situato nel comune laziale, di proprietà condivisa tra Roberto Fico e sua sorella Gabriella.
Secondo quanto riportato dal quotidiano, la casa, risalente agli anni Settanta, è stata regolarizzata grazie a una sanatoria edilizia che ha cessato di essere valida nel 2017, un anno antecedente all’elezione di Fico alla presidenza della Camera.
La sanatoria in questione, come descritto, avrebbe permesso di condonare opere abusive, in particolare una trasformazione di un garage al piano terra in abitazione, una pratica avviata negli anni Ottanta dal precedente proprietario.
L’attacco di Rastrelli non si limita alla sola questione della sanatoria, ma la colloca in un contesto più ampio, in contrasto con le recenti dichiarazioni di Fico che invocava la necessità di un “diritto alla casa” e criticava l’opportunità di ulteriori condoni edilizi.
Questa dissonanza, secondo Rastrelli, evidenzierebbe una contraddizione tra le affermazioni pubbliche e le pratiche private.
La risposta dell’ufficio stampa di Fico ha cercato di smentire le accuse, ribadendo che la richiesta di sanatoria è stata presentata dal precedente proprietario dell’immobile, e non da Fico stesso né dai suoi familiari.
La difesa si concentra sulla distinzione tra la responsabilità di chi ha avviato la pratica negli anni Ottanta e la situazione attuale del presidente della Camera, negando quindi qualsiasi coinvolgimento diretto nella richiesta di condono.
La vicenda solleva interrogativi sulla trasparenza delle proprietà immobiliari dei candidati politici e sull’interpretazione delle norme urbanistiche, in particolare quando si tratta di sanatorie edilizie.
La questione evidenzia, inoltre, la delicatezza delle relazioni tra patrimonio personale e responsabilità pubblica, richiamando l’attenzione sull’importanza di una rigorosa verifica dei beni e delle pratiche utilizzate dai rappresentanti eletti, soprattutto in un contesto politico caratterizzato da un crescente scrutinio e dalla richiesta di maggiore accountability.
La vicenda, al di là delle implicazioni elettorali immediate, rischia di alimentare un dibattito più ampio sulla necessità di riformare il sistema dei condoni edilizi e di rafforzare i controlli sull’abusivismo edilizio.







