La sentenza definitiva che condanna Rocco Sorrentino a quattro anni di reclusione rappresenta un tassello cruciale nell’indagine sull’efferato omicidio di Francesco Pio Maimone, avvenuto il 20 marzo 2023 negli chalet di Mergellina, a Napoli. L’uomo, secondo le ricostruzioni della Squadra Mobile e della Direzione Distrettuale Antimafia, avrebbe custodito la pistola che Francesco Pio Valda utilizzò per compiere il regolamento di conti. La decisione, resa irrevocabile dalla Corte di Cassazione, non solo sancisce la colpevolezza di Sorrentino, ma soprattutto conferma l’esistenza di un contesto mafioso che ha portato alla tragica morte del giovane pizzaiolo, vittima innocente di una disputa violenta.L’aggravante del metodo mafioso, elemento centrale nella sentenza, assume un significato dirompente per l’intero procedimento giudiziario. La sua conferma da parte della massima corte italiana implica che l’omicidio di Maimone non fu un semplice atto di violenza, ma un evento premeditato e calcolato, volto a intimidire e a dimostrare il potere di un’organizzazione criminale. Questa qualificazione avrà ripercussioni significative nei confronti degli altri imputati coinvolti nel processo d’appello, configurando un quadro indiziario più ampio e complesso.L’avvocato Sergio Pisani, legale della famiglia Maimone e parte civile nel procedimento, sottolinea l’importanza della sentenza come pietra miliare nella ricerca della verità e della giustizia. La vicenda, già travagliata dalla complessità delle indagini e dalle dinamiche interne al processo abbreviato che aveva inizialmente condannato Sorrentino a sei anni di reclusione (poi ridotti a quattro in appello), si arricchisce ora di una connotazione che ne amplifica la gravità.Il movente, apparentemente banale – una lite per un paio di scarpe di marca sporcate – cela, in realtà, un intreccio di relazioni e interessi che hanno portato a una escalation di violenza inaudita. La sparizione delle scarpe, unitamente all’arma del delitto, rimane un enigma che alimenta la ricerca di ulteriori elementi per ricostruire completamente la dinamica del fatto e individuare tutti i responsabili, non solo esecutori materiali ma anche mandanti e complici. La sentenza di condanna a Sorrentino, pertanto, non conclude un capitolo, ma ne apre uno nuovo, volto a dissipare le ombre che ancora avvolgono questa tragica vicenda e a garantire che la giustizia sia pienamente compiuta a favore della famiglia Maimone e dell’intera comunità napoletana. La vicenda, simbolo di una cultura della violenza che affligge il territorio, rappresenta un monito per il futuro e un invito a rafforzare la lotta contro la criminalità organizzata.
Condanna definitiva: Mafia dietro l’omicidio Maimone, apre nuova indagine.
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