Il sistema penitenziario italiano si trova ad affrontare una crisi profonda, ben più complessa di una mera questione di gestione. L’analisi del Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, durante un convegno dedicato alla legalità e all’inclusione sociale, dipinge un quadro allarmante: quasi la totalità delle strutture carcerarie nazionali si è trasformata in meri contenitori, privi di qualsivoglia capacità riabilitativa. Questa condizione è il risultato di una combinazione letale di fattori, tra cui una drammatica carenza di personale all’interno della polizia penitenziaria, conseguenza diretta del blocco delle assunzioni disposto nel 2010, e scelte strutturali discutibili.La decisione di mantenere aperte sezioni ad alta e media sicurezza, unitamente a quelle destinate alla popolazione detenuta comune, ha inavvertitamente creato un terreno fertile per l’infiltrazione e il controllo da parte delle organizzazioni criminali, in particolare quelle di stampo mafioso. Questa situazione non è un semplice inconveniente amministrativo, ma una profonda compromissione del ruolo stesso delle carceri come strumenti di risocializzazione.Un elemento cruciale di questo deterioramento è rappresentato dalla decisione recente del Dipartimento Admnistrazione Penitenziaria (DAP) di chiudere le sezioni di Alta Sicurezza, un segnale che, pur tardivo, evidenzia la gravità della situazione. La persistenza di episodi di violenza e abusi perpetrati dai detenuti affiliati a organizzazioni criminali nei confronti dei detenuti comuni, ha reso palese l’inefficacia del modello precedente.Parallelamente, Gratteri ha focalizzato l’attenzione sulla cronica problematica del sovraffollamento, un fenomeno che affligge l’intera Europa, ma che in Italia assume connotazioni particolarmente acute. La vergognosa assenza di nuove costruzioni carcerarie dagli anni ’70, e l’impossibilità di ampliare quelle esistenti, testimoniano una miopia strutturale, una paralisi dovuta a paure e incertezze che negano la possibilità di un cambiamento. Questa condizione è aggravata da un immobilismo che il procuratore definisce “annacamento”, un termine regionale che descrive una forma di movimento apparente che in realtà nasconde una profonda stagnazione.La costruzione di nuove strutture carcerarie, secondo Gratteri, non dovrebbe essere un’impresa lunga e complessa, come suggerito da precedenti stime del DAP. Con le giuste competenze e una reale volontà politica, l’opera potrebbe essere completata in un anno. L’esperienza personale del procuratore, che ha supervisionato la realizzazione dell’aula bunker più grande d’Europa e la trasformazione di un antico convento in sede della Procura, dimostra la fattibilità di interventi rapidi ed efficaci, se si è disposti ad assumersi la responsabilità di ogni fase del processo.Un ulteriore elemento critico risiede nell’origine delle normative che regolano il sistema giudiziario e penitenziario. Queste sono state elaborate da persone distanti dalla realtà operativa, prive di esperienza diretta e senza il coinvolgimento di direttori di carcere e operatori del settore. Questa mancanza di contatto con il campo ha generato norme inadeguate e inefficaci, incapaci di rispondere alle reali esigenze del sistema.
Crisi Carcere: Allarme Gratteri, un Sistema al Collasso
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