La crescente ondata di cybercrime sta erodendo la resilienza del tessuto imprenditoriale campano e meridionale, con un incremento del 29,2% degli attacchi negli ultimi quattro anni, un dato che, sebbene inferiore alla media nazionale (45,5%), riflette un’emergenza diffusa.
Confartigianato traccia un quadro allarmante che abbraccia realtà di ogni dimensione, dalle grandi multinazionali alle microimprese, evidenziando come il rischio digitale non conosca confini settoriali o dimensionali.
L’escalation di truffe, frodi e aggressioni online, resa ancora più insidiosa dalla sofisticazione delle tecniche utilizzate, non solo impatta direttamente sulla continuità operativa delle imprese, causando interruzioni dei servizi ICT, perdita o compromissione di dati sensibili, ma mina anche la fiducia dei clienti e danneggia la reputazione aziendale.
Nonostante una crescente consapevolezza della necessità di proteggere il patrimonio informativo, il panorama italiano presenta luci ed ombre.
Se da un lato l’83,1% delle imprese italiane riconosce l’importanza cruciale della cybersicurezza, un dato superiore alla media europea (71,1%), dall’altro il 42,6% che ha effettivamente investito in sicurezza informatica, pur adottando talvolta soluzioni innovative basate sull’intelligenza artificiale, non è sufficiente a garantire una protezione adeguata.
Solo il 32,2% degli imprenditori implementa almeno sette delle undici misure di sicurezza raccomandate dall’Istat, un dato che colloca l’Italia al di sotto della media europea (38,5%).
La sfida più pressante, tuttavia, risiede nella carenza di competenze specialistiche.
Il 22,8% delle imprese italiane lamenta difficoltà a reperire personale qualificato in sicurezza informatica, un problema che, sebbene diffuso anche a livello europeo, si manifesta in modo particolarmente acuto nella ricerca di profili tecnici di alto livello, come progettisti e amministratori di sistemi esperti in cybersecurity.
La domanda di questi professionisti, stimata in 6.300 unità nel 2024, si scontra con una disponibilità limitata, con ben 4.000 posizioni rimaste scoperte.
Questa situazione critica evidenzia una disconnessione tra la crescente digitalizzazione delle imprese e la capacità di proteggerla efficacemente.
La trasformazione digitale, se non accompagnata da investimenti mirati nella sicurezza informatica e dalla formazione di personale specializzato, espone le aziende a rischi sempre più complessi e potenzialmente devastanti.
È imperativo, pertanto, superare l’approccio reattivo e adottare una visione strategica, in cui la cybersicurezza non sia considerata un costo accessorio, ma un pilastro fondamentale dell’innovazione e della crescita economica.
Ciò richiede un impegno congiunto tra istituzioni, imprese e mondo della formazione, volto a promuovere la diffusione di conoscenze, la creazione di strumenti pratici e la mobilitazione di risorse adeguate.
Solo così sarà possibile rafforzare la resilienza del sistema imprenditoriale italiano e garantire un futuro digitale sicuro e prospero.