mercoledì 1 Ottobre 2025
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Elisa Polcino: Non solo cronaca, ma una ferita sociale da curare.

La recente, tragica scomparsa di Elisa Polcino, vittima di femminicidio nel Beneventano, non può essere relegata a un mero atto di cronaca.

Richiede, al contrario, una profonda riflessione collettiva, un’analisi lucida delle dinamiche sociali e culturali che ne hanno reso possibile l’esecuzione.

Come giustamente sottolinea la Presidente della Corte d’Appello di Napoli, Rosaria Covelli, queste tragedie non germinano dal nulla; sono l’esito di un terreno fertile di tensioni, abusi latenti e soffocati, di relazioni disfunzionali che, troppo spesso, rimangono nell’ombra.
La responsabilità, in questi casi, è diffusa e stratificata.

Non si tratta solo della responsabilità diretta dell’aggressore, ma anche di quella di coloro che, a vario titolo, hanno assistito a comportamenti abusivi, che hanno intuito la gravità della situazione ma hanno preferito l’indifferenza, la paura, la complicità silenziosa.
In un tessuto sociale permeato da stereotipi di genere, da una cultura del controllo e della possessività, il silenzio diventa un complice attivo.

La liberazione femminile, la conquista di una reale autonomia e sicurezza, non può essere delegata esclusivamente alle istituzioni o alle forze dell’ordine.

È un processo che richiede un profondo cambiamento culturale, un impegno attivo e consapevole di ogni singolo individuo.
È imperativo creare ambienti sicuri dove le donne possano sentirsi libere di esprimere il proprio disagio, di denunciare violenze psicologiche ed emotive, che spesso precedono e preparano il terreno per atti di violenza fisica.
L’appello di Covelli a denunciare e a rivolgersi ai centri antiviolenza e alle case rifugio è cruciale, ma non sufficiente.
È necessario rafforzare la rete di supporto, migliorando l’accessibilità e la conoscenza di questi servizi, garantendo la protezione delle donne che decidono di chiedere aiuto.

Al contempo, occorre investire in programmi di prevenzione, educazione alla parità di genere e sensibilizzazione rivolti a uomini e ragazzi, per decostruire modelli di mascolinità tossica e promuovere relazioni sane e rispettose.
L’emersione del disagio, il coraggio di parlare, la volontà di rompere il muro del silenzio sono i primi passi verso una reale trasformazione.

Significa creare una comunità in cui nessuna donna si senta sola, abbandonata o stigmatizzata, ma dove possa trovare ascolto, protezione e la forza di riprendere in mano la propria vita, costruendo un futuro libero dalla paura e dalla violenza.
La libertà della donna è un bene collettivo, una responsabilità condivisa che richiede un impegno costante e una profonda consapevolezza.

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