La Reggia di Caserta, gioiello borbonico riconosciuto patrimonio UNESCO e orgoglio dell’Italia, si trova a fronteggiare una crisi idrica che trascende la semplice carenza di precipitazioni.
Dietro l’apparente magrezza delle piogge e la portata ridotta dell’acquedotto Carolino, emerge un quadro più complesso e preoccupante: un furto d’acqua sistematico e ingente, perpetrato ai danni del bene pubblico e culturale.
Un imprenditore agricolo di 58 anni, ora agli arresti domiciliari, si è reso protagonista di un’operazione fraudolenta che ha compromesso l’equilibrio idrico di un ecosistema secolare e ha messo a rischio la sopravvivenza stessa di un monumento di inestimabile valore.
L’indagine, condotta con scrupolo dai carabinieri del Nucleo Forestale e della Stazione di Caserta sotto la direzione della Procura di Santa Maria Capua Vetere, ha rivelato un sofisticato sistema di deviazione dell’acqua dall’acquedotto Carolino, un’imponente infrastruttura idraulica risalente al XVIII secolo, voluta da Carlo III e integralmente connessa alla Reggia Vanvitelliana.
L’uomo, pur essendo solo concessionario del terreno di proprietà dell’Istituto Diocesano di Sostentamento al Clero, ha abilmente sfruttato la sua posizione per realizzare un allaccio abusivo, deviando l’acqua destinata all’irrigazione di vasche, fontane e giardini reali.
La portata del danno è considerevole.
Il furto non si è limitato alla sottrazione di acqua, ma ha comportato anche la compromissione fisica dell’acquedotto, con danni a una vasca borbonica e la creazione di una tubazione in polietilene che, per quasi 150 metri, ha trasportato l’acqua rubata fino a irrorare sei diverse zone del fondo agricolo e riempire una cisterna di una tonnellata.
Questo ha provocato una drastica riduzione della disponibilità idrica per la Reggia, con conseguenze visibili nell’ingiallimento dei prati del Parco Reale, un segnale di sofferenza per un paesaggio attentamente curato per secoli.
La direttrice generale del museo, Tiziana Maffei, ha giustamente sottolineato la necessità di mantenere il silenzio durante le indagini, per non compromettere le attività dei carabinieri.
Tuttavia, l’episodio solleva interrogativi profondi sulla vigilanza e sulla tutela del patrimonio pubblico, e sulla necessità di rafforzare i controlli lungo le infrastrutture idriche storiche.
L’azione criminale non si è limitata al furto d’acqua, ma ha rivelato anche un’attività illegale di gestione di rifiuti agricoli, con il rinvenimento di una consistente quantità di materiale derivante da taglio e sfalcio di altri terreni.
L’area e i materiali utilizzati per il prelievo dell’acqua sono stati sequestrati, segnando un primo passo verso la riqualificazione del sito e la riparazione del danno ambientale.
Questa vicenda rappresenta una ferita al cuore del patrimonio culturale italiano, un campanello d’allarme che invita a una riflessione più ampia sulla responsabilità collettiva nella tutela del nostro inestimabile retaggio storico e ambientale.
La Reggia di Caserta, simbolo di bellezza e ingegno, merita non solo ammirazione, ma anche un impegno costante e determinato nella sua salvaguardia.