Un’urgenza etica e un appello al diritto costituzionale risuonano dalla voce di un gruppo di tirocinanti, partecipanti al progetto “Gol 4 Tirocinio”, un’iniziativa di inclusione sociale e lavorativa volta a supportare persone vulnerabili in Campania.
Si tratta di individui, prevalentemente over sessantenni, che si trovano ad affrontare un bivio cruciale: la fine del progetto, prevista per la conclusione dell’anno, rischia di relegarli nuovamente in una condizione di precarietà e marginalizzazione.
Il progetto, finanziato con risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) della Regione Campania, rappresenta un tentativo innovativo per superare le barriere legate all’età e facilitare il reinserimento lavorativo di persone che, pur possedendo i requisiti previsti dalla Legge 68/99, hanno faticato a trovare una collocazione stabile nel mercato del lavoro.
La sua implementazione, partita nel dicembre 2024, ha visto i tirocinanti impegnati in attività di collaborazione con i dipendenti comunali di Caserta, accumulando competenze preziose nella pubblica amministrazione e arricchendo il proprio bagaglio di esperienza professionale.
Tuttavia, la prospettiva di un termine imminente solleva interrogativi profondi sulla sostenibilità di questo percorso di inclusione.
I tirocinanti, attraverso un comunicato ufficiale, rivolgono un pressante appello agli organi competenti, in particolare alla Regione Campania e al Comune di Caserta, esortando a tutelare il loro diritto al lavoro, un principio cardine sancito dalla Costituzione italiana.
L’istanza non si limita a una mera richiesta di prolungamento del tirocinio, ma mira a promuovere un modello di stabilizzazione che garantisca una continuità lavorativa, ispirato all’esperienza positiva realizzata in Calabria, dove un approccio simile ha permesso di restituire speranza e fiducia ai lavoratori.
L’obiettivo è quello di trasformare l’opportunità di tirocinio in un effettivo percorso di inserimento professionale, offrendo una prospettiva di futuro a persone che hanno visto compromesse le proprie possibilità di reinserimento.
La loro richiesta è un monito contro la frammentazione delle politiche di inclusione, che rischia di vanificare gli sforzi compiuti e di condannare individui vulnerabili a un’ulteriore spirale di emarginazione.
Il lavoro, come affermano i tirocinanti, non è solo un mezzo di sussistenza, ma un elemento fondamentale per la dignità umana, un fattore di coesione sociale e un motore di sviluppo personale.
Negare a questi individui la possibilità di lavorare significa privarli di un diritto fondamentale e di un’opportunità di riscatto.
L’appello è chiaro: non si tratta di una semplice questione di lavoro, ma di giustizia sociale e di rispetto dei diritti costituzionali.
La comunità è chiamata a rispondere con azioni concrete, trasformando la speranza in realtà e offrendo a questi tirocinanti la possibilità di costruire un futuro dignitoso e inclusivo.







