Il dolore di una madre si manifesta con una decisione irrevocabile, un muro eretto tra passato e futuro.
Mariarosaria Tommasino, madre di Noemi Riccardi, straziata dalla perdita della figlia assassinata dal fratello Vincenzo, ha espresso in un’intervista televisiva un rifiuto categorico di qualsivoglia contatto con il figlio detenuto a Poggioreale.
Un addio definitivo, una rottura netta che trascende la semplice condanna e si configura come una forma di auto-protezione emotiva.
Le parole di Mariarosaria, cariche di un dolore inespresso e di una disperazione palpabile, hanno illuminato i dettagli di un quadro inquietante.
Non si tratta solo di elaborare il lutto per la perdita di una figlia, ma di confrontarsi con la figura dell’assassino, un tempo figlio, ora incarnazione di una violenza incomprensibile.
La figlia, Noemi, era una presenza luminosa spenta bruscamente, un fiore reciso prima di sbocciare.
Il racconto di Mariarosaria ha rivelato un percorso di segnali d’allarme ignorati o inesplorati.
Il fratello di Noemi, Vincenzo, aveva manifestato difficoltà emotive e comportamenti allarmanti.
L’iscrizione al servizio di igiene mentale, i farmaci rifiutati, la frustrazione per l’impossibilità di ottenere il passaporto a causa delle denunce pregresse, tutto converge verso un quadro di crescente instabilità e risentimento.
L’impressione è quella di un individuo in preda a una spirale di disagio, alimentato dalla rabbia e dall’ostilità.
Le parole della madre suggeriscono la convinzione che Vincenzo avesse pianificato l’omicidio, nutrendo un disegno che coinvolgeva anche lei e la sorella di Noemi.
Un piano sventato, ma che lascia presagire un’escalation di violenza e una profonda radice di rancore.
L’assenza di figure istituzionali al funerale non ha suscitato in Mariarosaria un sentimento di risentimento pubblico, ma piuttosto un’ulteriore conferma della solitudine che la affligge.
La sua attenzione era rivolta esclusivamente alla figlia perduta, circondata dall’affetto dei suoi cari.
Il dolore, privato di consolazioni esterne, si è riversato in un rifiuto di guardare verso il futuro, un futuro che inevitabilmente la porterebbe a confrontarsi con la figura del figlio assassino.
La denuncia del 5 maggio, un tentativo disperato di chiedere aiuto, si è rivelata un’illusione.
La madre si è sentita abbandonata, isolata nel suo dolore, costretta a confrontarsi con un figlio sempre più violento.
Il confronto diretto con Vincenzo, durante il quale questi l’accusava di averlo “rovinato” e la minacciava, ha rivelato un’ulteriore sfumatura del suo stato emotivo, un mix di rabbia, risentimento e una sottile forma di manipolazione.
La madre, intrappolata in una dinamica di paura e impotenza, ha espresso il suo disagio e la sua solitudine, con la ferma decisione di non voler più vedere suo figlio, un gesto disperato per proteggere ciò che resta della sua anima ferita.






