La quiete del sabato, in una Tel Aviv segnata da un recente trauma, contrasta violentemente con la furia notturna appena trascorsa. Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay Napoli, si ritrova intrappolato in Israele, un viaggio che lo aveva visto partire per partecipare a iniziative legate alla comunità LGBTQ+ e per incontrare attivisti locali, si è trasformato in un’attesa incerta, un limbo tra il desiderio di rientrare e la consapevolezza di una situazione volatile.Le parole di Sannino, trasmesse all’ANSA, rivelano un quadro di precarietà e una profonda lacerazione emotiva. Il riferimento a “una notte molto difficile” non è una semplice perifrasi, ma un sigillo su ore di terrore, interrotte solo da discese precipitose nei rifugi antiaerei, l’ultima delle quali si è protratta fino alle prime luci dell’alba. L’attacco iraniano, avvenuto a brevissima distanza dal suo alloggio, ha infranto l’illusione di una normalità ritrovata, scuotendo dalle fondamenta la sua percezione della sicurezza.Nonostante la sua incolumità fisica, l’angoscia si fa sentire. La speranza di un rapido ritorno in Italia è mitigata dalla mancanza di certezze, dall’impossibilità di tracciare una timeline precisa per la sua partenza. La quiete apparente del sabato, forzata dalla consuetudine religiosa, amplifica il senso di dissonanza con l’esperienza vissuta, con la paura latente che incombe. La protezione delle autorità locali e il supporto dell’ambasciata italiana offrono un pallido conforto, ma non cancellano la constatazione della realtà che circonda Sannino: una popolazione segnata da un’abitudine dolorosa, da una sorta di rassegnazione alla guerra che gli europei faticano a comprendere appieno. La distanza culturale si manifesta nella diversa percezione del pericolo, nella capacità di elaborare il trauma. Mentre per i viaggiatori occidentali l’esperienza si configura come un evento traumatico, per i residenti israeliani sembra costituire una costante, una ferita aperta che non si rimarginerà facilmente. Sannino esprime un desiderio universale: la speranza di un ritorno alla normalità, di un futuro pacifico. Un auspicio che va oltre la sua personale necessità di rientrare in Italia, elevandosi a preghiera per la riconciliazione e la fine del conflitto che avvelena la regione. Il silenzio surreale di Tel Aviv, in questa giornata di festa, si fa eco a un grido silenzioso, un appello alla pace che risuona nel cuore di chi, come lui, ha vissuto sulla propria pelle la fragilità dell’esistenza.
Intrappolato in Israele: il terrore di Sannino tra attacchi e speranze
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