Alle prime luci dell’alba del 16 dicembre, la Cappella del Tesoro di San Gennaro si è illuminata di un’attesa palpabile, un’aria densa di fede e di speranza che ha accompagnato l’atteso evento: la liquefazione del sangue del Santo Patrono di Napoli.
Alle ore 9:13 precise, l’abate Vincenzo De Gregorio, custode di una tradizione secolare, ha annunciato ufficialmente il prodigio, suscitando un’ondata di applausi e di emozione tra i fedeli e i visitatori provenienti da ogni angolo del mondo.
Il sangue, conservato in apposite ampolle, si presentava inizialmente in stato “semi sciolto”, un preludio al miracolo che si è poi compiuto agli occhi di tutti i presenti.
Questo evento, il terzo a manifestarsi nel corso dell’anno, commemora un momento cruciale della storia napoletana: il 16 dicembre 1631, quando, in risposta alle suppliche disperate della popolazione, San Gennaro intervenne, placando la furia del Vesuvio e scongiurando una catastrofe che avrebbe potuto cancellare la città dalla faccia della terra.
Come da consuetudine, l’attesa del miracolo è stata scandita dalle solenni litanie intonate dalle “parenti”, le confraternite dedite alla venerazione di San Gennaro, un rituale che eleva lo spirito e concentra l’energia collettiva verso l’invocazione del prodigio.
Tra i numerosi presenti, oltre ai fedeli più devoti, si sono distinti figure istituzionali come l’assessore al Turismo Teresa Armato, delegata dal sindaco Manfredi, e il principe Emanuele Filiberto di Savoia, testimoni privilegiati di un evento che intreccia storia, fede e identità napoletana.
Nel suo discorso, l’abate De Gregorio ha offerto una riflessione profonda sull’identità di Napoli, città resiliente e profondamente segnata da eventi traumatici.
“Napoli, come tutte le città del passato e del presente, ha conosciuto sofferenze indicibili, pestilenze che oggi definiremmo pandemie, guerre devastanti,” ha affermato.
“Ma Napoli ha anche il Vesuvio, un promemoria costante della fragilità umana e della potenza della natura.
” Il suo messaggio, al di là della celebrazione del miracolo, è stato un invito a una visione lucida e disincantata della realtà.
“Il rischio che Napoli si riduca a un cliché, a un’immagine stereotipata fatta di pizza, mandolino e San Gennaro è sempre presente,” ha avvertito.
“Dobbiamo quindi abbandonare ogni forma di feticismo e affrontare con coraggio le sfide del presente, consapevoli della nostra identità complessa e delle nostre radici profonde.
“L’ampolla contenente il sangue del Santo Patrono è stata successivamente portata in processione all’interno della Cappella, permettendo a tutti i presenti di contemplare da vicino il prodigio e di rinnovare la propria fede in San Gennaro, custode silenzioso e protettore di una città che continua a guardare al futuro con speranza e determinazione.
L’evento non è solo un momento di devozione religiosa, ma un potente simbolo di resilienza, di identità e di speranza per Napoli e per il mondo intero.






