mercoledì, 16 Luglio 2025
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Mario Paciolla: la verità nascosta, una battaglia senza fine.

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La battaglia per la verità sulla morte di Mario Paciolla continua, incrinando la retorica di un suicidio e sollevando interrogativi scomodi su dinamiche oscure e silenzi complici.
A cinque anni dalla tragica scomparsa del giovane napoletano, avvenuta in Colombia dove lavorava come collaboratore dell’ONU, la madre, Anna Motta, e il padre, Pino Paciolla, rinnovano la loro determinazione a perseguire la giustizia, sfidando archiviamenti frettolosi e inerzia istituzionale.

La recente archiviazione dell’inchiesta da parte del tribunale di Roma non ha spento la fiamma della speranza, anzi, ha alimentato la rabbia e la frustrazione di una comunità che si sente tradita.
“Non ci fermeremo,” dichiara Anna Motta, preannunciando un ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani o l’attivazione di nuovi elementi probatori per riaprire il caso.

La manifestazione a Napoli, unita in un coro di voci che includono il Comune, rappresentanti politici di diverse sensibilità (Pd, con Marco Sarracino), associazioni come Cgil, Libera e Polis, e figure di spicco come l’ex sindaco Luigi de Magistris e Don Ciotti, testimonia il profondo attaccamento della città alla memoria di Mario e alla ricerca della verità.

Un’unità che trascende le divisioni politiche, perché la vicenda Paciolla tocca una corda comune: il diritto di un cittadino a non essere dimenticato e a vedere riconosciuti i propri diritti.

Il dolore dei genitori è amplificato dalla mancanza di dialogo con le istituzioni nazionali.

Pino Paciolla denuncia un “silenzio assordante” da parte del governo italiano, nonostante le ripetute interrogazioni parlamentari.

L’apparente indifferenza, la marginalizzazione mediatica, hanno contribuito a seppellire la vicenda, oscurando la storia di un giovane che si è dedicato all’aiuto di altri in un contesto geopolitico complesso.

L’autopsia, pilastro fondamentale per ricostruire la dinamica dei fatti, rivela anomalie che sfidano la tesi del suicidio.

La presenza di lidocaina, un anestetico locale, solleva interrogativi inquietanti su possibili manipolazioni e condotte illecite.

La testimonianza dell’addetto alla sicurezza, entrato nell’appartamento, e i successivi interventi di pulizia con candeggina, cancellando potenziali tracce cruciali, accentuano il sospetto di un insabbiamento.
L’assenza di indagini approfondite in Colombia per rintracciare il fornitore della lidocaina, testimonia una superficialità che rasenta l’inconciliabile.
Anna Motta non esclude l’esistenza di “poteri occulti” che orchestrano la vicenda, alimentando un senso di impotenza e di sfiducia nelle istituzioni.
La denuncia del padre, Pino Paciolla, è un grido di dolore e di indignazione per un diritto universale, quello alla giustizia, che viene negato.
L’appello finale è un monito: i diritti umani non hanno colore politico, non si piegano alle logiche di partito, ma appartengono a ogni essere umano, ovunque nel mondo.
La vicenda di Mario Paciolla non è solo una storia familiare, ma un campanello d’allarme per tutta la società, un invito a non restare indifferenti di fronte a ingiustizie che minano i principi fondamentali della convivenza civile.

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