L’abbandono subito dai genitori di Martina Carbonaro, una ferita ancora aperta nel tessuto sociale, solleva una questione di primaria importanza: il dovere dello Stato di fornire un supporto psicologico e umano tempestivo e adeguato di fronte a tragedie così devastanti. La morte violenta di una figlia, strappata alla vita in maniera incomprensibile, non si configura solamente come una perdita irreparabile, ma innesca un processo di trauma complesso che può condurre i genitori in uno stato di profonda angoscia e disorientamento.L’aspettativa di un comportamento razionale e “normale” in tali circostanze è non solo irragionevole, ma profondamente insensibile. Il dolore di una portata simile incrina le fondamenta della psiche, disarticolando il senso comune e sfociando in reazioni che, se giudicate superficialmente, potrebbero essere fraintese o stigmatizzate. È cruciale comprendere che ogni gesto, ogni parola pronunciata in un momento simile, non riflette una mancanza di controllo o di giudizio, ma è un’espressione, spesso involontaria, della frattura psichica, della disperazione assoluta che dilaga nell’animo dei genitori.L’inazione dello Stato, in questo contesto, non è una mera omissione, ma una responsabilità concreta. Il ruolo delle istituzioni non si limita alla gestione dell’indagine e all’applicazione della giustizia penale, ma si estende alla tutela della salute mentale e al sostegno emotivo delle vittime indirette, in particolare dei genitori. La presenza immediata di professionisti della salute mentale, psicologi esperti nella gestione del trauma, è un imperativo etico e un investimento sociale. Ignorare o minimizzare la sofferenza dei genitori significa rischiare di alimentare un circolo vizioso di angoscia e disperazione, con conseguenze potenzialmente devastanti per la loro stabilità emotiva e per la loro capacità di ricostruire una vita dopo la perdita.La necessità di un intervento tempestivo non è solo una questione di assistenza immediata, ma anche di prevenzione a lungo termine. Il trauma irrisolto può lasciare cicatrici profonde, che si manifestano in disturbi dell’umore, ansia, difficoltà relazionali e, in casi estremi, comportamenti autolesionistici. Offrire un percorso di supporto psicologico continuativo, personalizzato sulle specifiche esigenze della famiglia, significa contribuire alla loro resilienza e favorire un processo di elaborazione del lutto sano e costruttivo.La perdita di un figlio rappresenta un evento catastrofico che mette a dura prova la capacità di sopravvivenza di qualsiasi individuo. Nessuna famiglia dovrebbe affrontare tale tragedia da sola, in un limbo di dolore e incertezza. L’imperativo è chiaro: lo Stato deve assumersi la responsabilità di fornire un sostegno concreto e duraturo, non solo per alleviare la sofferenza immediata, ma anche per accompagnare i genitori in un percorso di ricostruzione e di speranza, affinché possano, un giorno, ritrovare un senso di normalità e dignità. Non si tratta di un favore, ma di un diritto umano fondamentale.
Martina Carbonaro: il dolore dei genitori e il dovere dello Stato
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