lunedì 15 Settembre 2025
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Martina Carbonaro: L’agonia di un’ora e l’ombra del PNRR

Il tragico epilogo della vicenda di Martina Carbonaro, la giovane vita spezzata ad Afragola, solleva interrogativi inquietanti sulla responsabilità collettiva e l’effettivo funzionamento dei meccanismi di controllo del territorio.

Le parole dell’architetto Paolo Sibilio, consulente del legale della famiglia, Sergio Pisani, si ergono a denuncia lacerante, accusando un sistema fallace che ha trasformato un’area destinata alla riqualificazione urbana, finanziata con risorse pubbliche derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), in un teatro di degrado e, tragicamente, di morte.

L’autopsia, ora, fornisce elementi cruciali che ridisegnano la timeline degli eventi.

Contrariamente alle prime ricostruzioni, che ipotizzavano un decesso rapido, l’agonia di Martina si è protratta per circa un’ora.

Un arco temporale, potenzialmente, sufficiente per un intervento salvifico, un fattore che amplifica l’amarezza e l’indignazione.
Il cuore del problema non risiede unicamente nella violenza del gesto, quanto nella profonda inadeguatezza di un sistema di sicurezza e sorveglianza che si è rivelato completamente assente.
Un cantiere, concepito come motore di sviluppo e progresso, è stato lasciato in balia di un’abbandono sconcertante, esposto a rischi evitabili.

L’assenza di personale di vigilanza, la mancanza di barriere di protezione, l’accessibilità incontrollata: elementi che hanno creato un ambiente favorevole alla tragedia.
Questa vicenda trascende la singola morte, configurandosi come un campanello d’allarme che investe la governance del territorio, la gestione dei fondi pubblici e, soprattutto, la tutela dei minori.
Il PNRR, con le sue ambiziose promesse di modernizzazione e sicurezza, non può essere un mero strumento di finanziamento, ma deve tradursi in un impegno concreto per la salvaguardia della vita e della dignità umana.

L’incolumità dei cittadini, in particolare dei più vulnerabili, non può essere sacrificata sull’altare di una burocrazia inefficiente o di una superficiale gestione delle risorse.
L’indagine dovrà dunque approfondire non solo le responsabilità individuali legate al gesto criminale, ma anche le dinamiche che hanno permesso a un cantiere finanziato con risorse pubbliche di diventare un luogo privo di controllo e, infine, teatro di una tragedia evitabile.
La memoria di Martina esige giustizia, non solo come punizione dei colpevoli, ma anche come impegno a garantire che simili eventi non si ripetano, attraverso una revisione radicale dei sistemi di sicurezza e sorveglianza del territorio e un controllo più rigoroso sull’utilizzo dei fondi pubblici.

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