sabato, 21 Giugno 2025
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Martina Carbonaro: Nuove Indagini Svelano un Cantiere PNRR come Luogo della Morte

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La tragica scomparsa di Martina Carbonaro, la giovane di quattordici anni strappata alla vita ad Afragola, si rivela ora avvolta in una spirale di interrogativi che vanno ben oltre la mera dinamica dell’omicidio. Le nuove indagini, condotte con l’ausilio del consulente tecnico dell’avvocato Sergio Pisani, l’architetto Paolo Sibilio, e supportate dalla criminologa Roberta Bruzzone, smentiscono la precedente ricostruzione, collocando il luogo della morte non in un rudere abbandonato, ma in un cantiere attivo, un’area in trasformazione finanziata con risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).Questa rivelazione solleva una questione di gravità inaudita: un’area di lavoro in corso, destinata a diventare una moderna struttura sportiva, si è trasformata in uno scenario da incubo, un teatro di violenza in cui la sicurezza e la vigilanza sono apparse, in modo sconcertante, del tutto assenti. Il luogo preciso è stato identificato nei locali sovrastanti gli spogliatoi del palazzetto dello sport all’interno del centro polivalente Luigi Moccia, un complesso che racchiude stadi, campi da rugby e persino ospita un mercato settimanale. È in questa zona, specificamente all’interno del palazzetto oggetto di rifacimento grazie ai finanziamenti del PNRR, che è stato scoperto il corpo di Martina.La circostanza che si tratti di un cantiere attivo non è un dettaglio secondario, ma un elemento centrale per comprendere la complessità della vicenda. Un’area di questo tipo dovrebbe essere, per sua stessa natura, rigorosamente controllata e inaccessibile, non solo per garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati nella ristrutturazione, ma anche per tutelare l’utenza della struttura sportiva. L’assenza di questa imprescindibile sicurezza suggerisce una profonda lacuna nella gestione e nel controllo dei luoghi pubblici, con ripercussioni devastanti sulla comunità.L’avvocato Pisani, nel sottolineare la possibile premeditazione dell’azione, ipotizza che la scelta del luogo non sia stata casuale, ma dettata dalla consapevolezza di un ambiente privo di sorveglianza, un vero e proprio “invito a delinquere”. In alternativa, anche qualora l’omicidio non fosse stato pianificato, il cantiere ha fornito un’opportunità singolare: la disponibilità di un’arma, in questo caso una pietra, e la possibilità di agire indisturbati, occultando il corpo in un ambiente caotico e apparentemente sicuro.La vicenda è resa ancora più inquietante dalla mancanza di risposte alle richieste formali di chiarimenti e documentazione inviate dall’architetto Sibilio all’ufficio PNRR. Questa omissione solleva dubbi sulla trasparenza e l’efficienza dei controlli relativi ai fondi pubblici, suggerendo una possibile connivenza tra negligenza e opacità. L’assenza di una spiegazione ufficiale alimenta un clima di sospetto e di sfiducia nei confronti delle istituzioni, lasciando la famiglia della vittima e l’intera comunità senza risposte concrete e lasciando un vuoto di giustizia incolmabile. La ricerca della verità deve ora concentrarsi non solo sull’individuazione e la punizione dei responsabili diretti dell’omicidio, ma anche sulla ricostruzione delle responsabilità a carico di chi, con negligenza o connivenza, ha permesso che una tragedia di questa portata si verificasse in un luogo che avrebbe dovuto essere un simbolo di sicurezza e di opportunità per i giovani.

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