Un’emergenza silenziosa e strutturale si sta consumando in Campania, e non solo, coinvolgendo centinaia di lavoratori migranti provenienti dal Bangladesh, intrappolati in una rete di sfruttamento che mette a rischio la loro dignità e la sicurezza dell’intero sistema economico.
La denuncia, sollevata dalla Cgil di Napoli e Campania, rivela una spirale di illegalità alimentata da false promesse e dall’inadeguatezza di un sistema di flussi migratori che si dimostra vulnerabile a manipolazioni criminali.
Il nodo centrale della vicenda è l’impossibilità per circa 400 lavoratori, regolarmente entrati in Italia tramite il Decreto Flussi – un atto che, in teoria, garantisce l’ingresso legale – di ottenere il permesso di soggiorno.
La ragione? L’irreperibilità dei presunti datori di lavoro.
Questo vuoto legislativo, aggravato da una carenza di controlli efficaci, trasforma l’illusione di un’opportunità lavorativa in una condizione di precarietà assoluta.
La Cgil ha raccolto 398 istanze documentate tra il 2022 e il 2024, distribuite tra le province di Napoli (197), Salerno (68), Caserta (43), Avellino (11) e Benevento (2).
Un dato significativo è rappresentato dai 77 “nulla osta” registrati in altre province e regioni italiane, spesso gestiti da professionisti, CAF e consulenti con sede a Napoli e provincia, evidenziando un’articolata rete di intermediari che lucra sulle speranze dei migranti.
I settori maggiormente coinvolti in questo sistema di sfruttamento comprendono l’agricoltura, la ristorazione, il tessile e l’edilizia, comparti spesso caratterizzati da una forte informalità e da una scarsa propensione al rispetto delle normative sul lavoro.
L’assenza di un rapporto di lavoro reale costringe i lavoratori a operare in nero, alimentando un’economia sommersa che danneggia lo Stato e sottrae diritti fondamentali agli stessi lavoratori.
Il fenomeno, come sottolinea il segretario generale della Cgil Napoli e Campania, Nicola Ricci, costituisce un “beffeggiamento” nei confronti di chi intraprende un viaggio spesso costoso e rischioso nella speranza di una vita migliore.
La legge Bossi-Fini, ancora in vigore, si rivela un ostacolo all’integrazione e un terreno fertile per la criminalità organizzata, che gestisce una filiera di false aspettative, nulla osta falsi e aziende fantasma.
La Cgil chiede un intervento urgente del Governo, in concomitanza con l’approvazione della legge finanziaria, stanziando risorse specifiche per aiutare questi lavoratori a regolarizzare la propria posizione e a uscire dalla condizione di illegalità.
È fondamentale, inoltre, rafforzare l’azione della magistratura, incentivando indagini approfondite per smantellare le reti criminali che si nascondono dietro questo sistema di sfruttamento e per punire i responsabili.
La situazione richiede una riflessione più ampia sulla politica migratoria italiana, promuovendo canali di ingresso regolari e controllati e garantendo la tutela dei diritti dei lavoratori migranti, per evitare che l’illusione di un futuro migliore si trasformi in un incubo di sfruttamento e marginalizzazione.







