Il decesso di una 39enne avvenuto nel pronto soccorso dell’Ospedale del Mare di Napoli, il 12 settembre, ha generato una vicenda complessa che ora è al vaglio della giustizia.
La famiglia, assistita dal legale Amedeo Di Pietro, ha presentato un esposto alla Procura, avviando un’indagine volta a chiarire le dinamiche e le responsabilità legate alla tragica scomparsa.
L’evento si è sviluppato a partire dalla sera dell’11 settembre, quando la donna, identificata per iniziali come “C.
“, si è presentata al pronto soccorso in condizioni di alterazione comportamentale, riconducibile all’assunzione di alcol.
La situazione, immediatamente percepita come potenzialmente gestibile con risorse dedicate, si è progressivamente aggravata, richiedendo l’intervento di personale infermieristico e medico.
La necessità di contenere la paziente, inizialmente con misure non invasive, è stata documentata nei referti medici.
Il comportamento della donna, descritto come fonte di disturbo per gli altri degenti, ha reso difficoltosa la gestione del flusso di pazienti e la garanzia di un ambiente sicuro.
La decisione di ricorrere a misure di contenimento, sebbene finalizzata a prevenire ulteriori disagi e potenziali rischi per la paziente stessa e per gli altri, solleva interrogativi sulla sua adeguatezza e sulla verifica della sua necessità nel tempo.
Nel corso della notte, la situazione ha subito una svolta drammatica.
Alle ore 7:10 del mattino del 12 settembre, la donna è stata colta da un arresto cardiaco.
Nonostante i tentativi di rianimazione, le cui tempistiche e modalità sono ora oggetto di analisi, il decesso è stato dichiarato alle 7:45.
L’esposto presentato dal legale di famiglia non si limita a ricostruire la cronologia degli eventi, ma pone l’attenzione su aspetti cruciali come la gestione del rischio clinico in un contesto di emergenza, la corretta applicazione dei protocolli di contenimento, e la verifica della congruità delle risorse umane e strutturali impiegate.
La vicenda solleva interrogativi più ampi sulla gestione dei pazienti con problematiche complesse all’interno dei servizi di emergenza-urgenza, un ambito in cui la carenza di personale specializzato e la difficoltà di accedere a strutture dedicate possono esacerbare situazioni già precarie.
L’indagine in corso mira ad accertare se le procedure interne siano state rispettate, se le scelte terapeutiche siano state appropriate e se eventuali omissioni o negligenze abbiano contribuito al decesso della donna.
La famiglia, attraverso il proprio legale, intende ottenere verità e giustizia, e contribuire a migliorare i protocolli e le pratiche del sistema sanitario per evitare che simili tragedie si ripetano.
Il caso pone, inoltre, al centro del dibattito pubblico, la delicata questione del rapporto tra libertà personale, sicurezza del paziente e responsabilità del personale sanitario in situazioni di emergenza.








