La città di Napoli, ancora una volta, si è trovata a confrontarsi con un’esasperata richiesta di riconoscimento sociale e opportunità lavorative. Per oltre trenta ore, sedi comunali – Consiglio e Giunta – sono state oggetto di un presidio che ha visto la partecipazione di disoccupati, un segnale tangibile della persistente emergenza occupazionale che affligge il tessuto urbano. La protesta, iniziata con blocchi stradali nei pressi di Piazza del Municipio, ha rappresentato una presa di posizione decisa e collettiva, un grido di speranza che si scontra con una realtà spesso percepita come distaccata e indifferente.I manifestanti, espressione delle sigle “Movimento di Lotta – Disoccupati 7 Novembre” e “Disoccupati cantiere 167 Scampia”, hanno ricordato ad un anno di distanza da un precedente incontro con le istituzioni, la necessità imprescindibile di tradurre in azioni concrete l’intesa per l’avvio di progetti di inserimento lavorativo. Non si trattava quindi di una mera richiesta, ma di una sollecitazione urgente, un monito a superare la retorica e ad affrontare con responsabilità l’annosa questione della disoccupazione.L’azione di protesta, culminata con la sottrazione di due portavoce alla folla, trasferiti in questura, ha permesso ai rappresentanti dei movimenti di ribadire chiaramente le ragioni che animano la mobilitazione, sottolineando l’impellente necessità di una risposta tempestiva a un problema che mina la stabilità sociale ed economica della città. La protesta non si configura come un atto di sottomissione o di sfida al potere, ma come un esercizio di cittadinanza attiva, un diritto sancito dalla Costituzione.Il messaggio lanciato dalla protesta, espresso con forza attraverso i social media, ha colpito nel segno: chi concepisce Napoli esclusivamente come una vetrina turistica, un palcoscenico per immagini patinate, si è visto costretto ad ammettere l’esistenza di una realtà proletaria, fatta di necessità primarie e di sogni di riscatto. L’amara constatazione è che la bellezza esteriore rischia di oscurare le ferite profonde che ancora sanguinano nel cuore della città.La mobilitazione ha inoltre voluto sottolineare come nessun provvedimento legislativo, nessun “decreto sicurezza”, possa soffocare la voce del popolo, impedire l’esercizio del diritto di manifestare e di rivendicare. La strada, in questo contesto, non è solo un luogo di transito, ma un palcoscenico per l’affermazione di diritti, uno spazio di confronto e di pressione nei confronti delle istituzioni. La protesta è un atto di resistenza, un modo per affermare che la dignità umana non può essere sacrificata sull’altare di politiche economiche che non tengono conto delle esigenze dei più deboli. L’urgenza di una risposta concreta rimane, come un fuoco che arde sotto la cenere, in attesa di essere alimentato da un impegno reale e condiviso.
Napoli, la protesta dei disoccupati chiede lavoro e dignità
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