La Società Sportiva Calcio Napoli Spa, attraverso il suo collegio difensivo, respinge con fermezza le interpretazioni distorte emerse da recenti divulgazioni mediatiche relative all’indagine in corso sulle presunte irregolarità relative alle plusvalenze nel trasferimento di Victor Osimhen dal Lille.
Il posizionamento del club si articola su due assi fondamentali: la correttezza intrinseca delle operazioni di mercato e la profonda preoccupazione per la violazione del diritto alla riservatezza e alla difesa, derivante dalla pubblicazione di documenti processuali sensibili.
La vicenda, come giustamente sottolineano gli avvocati Fulgeri, Scalise e Contrada, si inserisce nel contesto abituale e complesso delle trattative calcistiche, processi intrinsecamente dinamici e caratterizzati da negoziazioni articolate.
Tali dinamiche, pur nella loro complessità, non presentano elementi che possano configurare un disegno illecito, bensì riflettono le prassi consolidate nel settore.
L’estrapolazione di frammenti di conversazioni, come quella tra Giuseppe Pompilio e Cristiano Giuntoli, priva di contesto, rischia di alterare profondamente il significato originario, inducendo interpretazioni erronee e potenzialmente pregiudizievoli.
L’attenzione mediatica, pur comprensibile, non deve oscurare la natura processuale del procedimento, tuttora aperto e in attesa della discussione della richiesta di rinvio a giudizio del patron Aurelio De Laurentis e di altri soggetti coinvolti, fissata per il 6 novembre.
La difesa del club insiste sulla necessità di un’analisi completa e distaccata dell’insieme delle prove, al fine di ricostruire con precisione il quadro fattuale e superare le semplificazioni e le interpretazioni parziali che emergono dalla stampa.
Un elemento cruciale, e spesso trascurato, è costituito dalla testimonianza dei soggetti coinvolti nelle conversazioni estrapolate.
Questi, già sottoposti a interrogatorio da parte delle autorità inquirenti, hanno fornito spiegazioni dettagliate e coerenti, che hanno contribuito a dissipare qualsiasi dubbio sulla loro effettiva rilevanza probatoria.
La qualifica di “persone informate sui fatti” attribuita loro durante l’interrogatorio sottolinea il loro ruolo di testimoni, e non di protagonisti di un’azione illecita.
La pubblicazione di tali documenti processuali, inoltre, oltre a violare il principio della riservatezza che deve proteggere il diritto di difesa, rischia di compromettere l’obiettività del processo stesso, influenzando l’opinione pubblica e creando un clima di pregiudizio nei confronti degli imputati.
Il collegio difensivo ribadisce la sua determinazione a tutelare i diritti dei propri assistiti e a garantire che la verità fattuale emerga attraverso un giudizio equo e imparziale, basato sull’esame completo e sereno di tutte le prove disponibili.
La vicenda, al di là delle speculazioni mediatiche, rappresenta una sfida per il sistema giudiziario sportivo, chiamato a bilanciare l’interesse pubblico alla trasparenza con la necessità di proteggere il diritto alla difesa e l’integrità del processo.