martedì, 24 Giugno 2025
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Napoli, sit-in contro la NATO: Priorità distorte, meno guerra, più diritti

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Davanti alla sede Rai di Napoli, un sit-in vibrante ha interrotto la consueta routine mediatica, voce dissenziente in un contesto dominato dalle agende geopolitiche. L’azione, promossa dal “Movimento disoccupati 7 novembre”, si configura come una ferma opposizione al crescente militarismo promosso dalla NATO e alle sue implicazioni socio-economiche.Il vertice in corso all’Aja, un palcoscenico di decisioni cruciali per la sicurezza europea, è al centro della contestazione. L’impegno formale assunto dagli stati membri, incluso l’Italia, di allocare il 5% del Prodotto Interno Lordo alle spese militari, rappresenta, agli occhi dei manifestanti, una priorità aberrante in un’epoca di profonde disuguaglianze e crisi umanitarie. L’accostamento con iniziative come il “Rearm Europe” varato dall’Unione Europea, che stanzia risorse ingenti per il ripotenziamento militare, evidenzia la posizione del governo italiano, saldamente allineato con le potenze occidentali – Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito – in questa corsa agli armamenti.La protesta assume una connotazione particolarmente drammatica sullo sfondo del conflitto in Medio Oriente, dove il genocidio a Gaza continua a infliggere sofferenze indicibili e a generare una crescente ondata di indignazione globale. Il gesto simbolico di bruciare fogli con il logo della NATO, oltre ad esprimere un rifiuto netto, vuole sollecitare una riflessione profonda sulle responsabilità occidentali in questo scenario di devastazione.Il cuore della denuncia risiede nella paradossale gestione delle risorse pubbliche. Un governo che proclama l’impossibilità di garantire servizi essenziali come sanità, istruzione, università e assistenza sociale alle fasce più vulnerabili della popolazione, allo stesso tempo, si impegna a stanziare ingenti somme per il potenziamento militare, come disposto dalle direttive NATO e UE. La cifra di circa 10 miliardi di euro in più all’anno destinati a spese militari rappresenta, per i manifestanti, una scelta ideologica inaccettabile, una priorità distorta che sacrifica il benessere dei cittadini sull’altare di logiche geopolitiche e interessi economici. La protesta non si limita a contestare una decisione specifica, ma mira a denunciare un sistema di priorità distorte che perpetua disuguaglianze e compromette il futuro delle nuove generazioni. Il sit-in rappresenta un grido di speranza e resistenza, un invito a riorientare le scelte politiche verso un modello di sviluppo più equo, pacifico e sostenibile.

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