Il Tribunale di Milano si appresta a celebrare una delle più complesse e ramificate inchieste sulla criminalità organizzata mai condotte in Lombardia, l’operazione Hydra.
Il GUP Emanuele Mancini ha accolto la richiesta della DDA, rappresentata dai Procuratori Capo Alessandra Cerreti e Rosario Ferracane, autorizzando l’acquisizione di sei interrogatori e relativi atti probatori relativi a William Alfonso Cerbo, alias “Scarface”, figura chiave nel procedimento e collaboratore di giustizia.
L’inchiesta, frutto dell’approfondito lavoro del Nucleo Investigativo dei Carabinieri, mira a disarticolare un sofisticato sistema di alleanze tra Cosa Nostra, ‘ndrangheta e camorra, operante sul territorio lombardo.
Questi sodalizi, secondo l’accusa, avrebbero orchestrato una rete di attività illecite su vasta scala, perseguendo profitti illeciti e consolidando il loro potere attraverso la corruzione e l’intimidazione.
Le dichiarazioni di Cerbo, depositate tra settembre e ottobre, rappresentano un tassello cruciale nella ricostruzione di questo intricato scenario criminale.
Il collaboratore, con dettagli circostanziati, ha confermato l’ipotesi accusatoria, delineando il suo ruolo di intermediario finanziario per il clan Mazzei di Catania, una sorta di “collettore economico” che gestiva flussi di denaro illeciti a Milano.
Le attività criminali delineate nei verbali, pur con alcune parti omesse per tutelare indagini in corso, spaziano in un ventaglio di reati che testimoniano la pervasività della mafia nell’economia locale.
Si tratta di traffici di stupefacenti di ingenti proporzioni, pratiche usurarie, recupero crediti tramite metodi violenti, estorsioni sistematiche e infiltrazioni in settori strategici come quello delle costruzioni, delle cliniche e delle aziende, spesso attraverso operazioni di riciclaggio di denaro sporco.
Le dichiarazioni di Cerbo non si limitano a descrivere attività finanziarie, ma gettano luce su dinamiche interne alle organizzazioni criminali, rivelando conflitti tra clan, omicidi su commissione – con riferimento specifico al caso di Gaetano Cantarella, boss catanese deceduto in circostanze suggestive di una “lupara bianca” – e sospetti di presenza di elementi corrotti all’interno delle forze dell’ordine, potenziali talpe che hanno facilitato le attività illecite.
Il procedimento giudiziario coinvolge un numero considerevole di imputati: ben 146 persone, suddivise tra il rito abbreviato (77), il rito ordinario (59) e coloro che aspirano a patteggiare.
Le prossime udienze si preannunciano decisive: l’11 e il 13 novembre sarà la volta della requisitoria della DDA, mentre le difese avranno la parola il 17 e il 28 novembre.
La tranche ordinaria dell’udienza preliminare, con una riserva di valutazione da parte del giudice sull’acquisizione degli atti, è stata rinviata al 28 novembre, in attesa di ulteriori approfondimenti e considerazioni legali.
L’esito di questa complessa vicenda giudiziaria promette di avere profonde ripercussioni sul panorama della criminalità organizzata in Lombardia e di gettare luce su un sistema di potere e corruzione che si è insinuato nelle fibre dell’economia e della società.







