Il post, apparsa inizialmente come un’esplosione emotiva impulsiva, ha innescato un’onda di sconcerto e condanna. Stefano Addeo, docente di lingua e cultura tedesca in un liceo della provincia napoletana, si è trovato al centro di un vortice mediatico innescato da un commento sulla figlia della Presidente del Consiglio. L’atto, ora riconosciuto come profondamente riprovevole, ha suscitato indignazione, ma il professore, in una successiva intervista rilasciata a Roma online, ha cercato di contestualizzare la sua reazione, senza però ritrattare la sua dissenso politico.Addeo ha espresso rammarico per la formulazione del suo post, ribadendo con forza che l’auspicio di morte, in particolare riferito a una bambina, è un pensiero aborrito e inaccettabile. Tuttavia, ha difeso il diritto di esprimere opinioni divergenti, sottolineando la sua percezione di non essere rappresentato dalle politiche del governo in carica. Questa affermazione suggerisce che la reazione, seppur inappropriata nella sua forma, sia stata alimentata da un senso di frustrazione e alienazione rispetto alla direzione politica del Paese.Il docente ha tentato di distanziarsi dall’interpretazione più radicale del suo gesto, sottolineando la sua dedizione all’insegnamento e il rapporto positivo che intrattiene con i suoi studenti. Ha insistito sulla sua avversione per ogni forma di violenza, evidenziando il suo impegno sociale attraverso il volontariato e l’amore per gli animali, nel tentativo di presentare un’immagine complessiva che contrasti con l’impatto negativo del post.Le conseguenze immediate per Addeo sono state pesanti: minacce di morte, insulti e azioni intimidatorie contro la sua abitazione. La denuncia presentata alla Polizia Postale testimonia la gravità del clima di ostilità generato. Nonostante la pressione e le potenziali ripercussioni, il professore ha scelto di non eliminare il post, motivando la sua decisione con una presa di coscienza della gravità del suo errore, più che con un atto di sfida.La vicenda solleva interrogativi complessi riguardo ai confini dell’espressione personale e alla responsabilità degli intellettuali e degli insegnanti, in particolare, in un contesto sociale polarizzato. La libertà di pensiero non può giustificare l’uso di un linguaggio violento o offensivo, ma la questione cruciale rimane il diritto di dissentire e la necessità di un dibattito politico costruttivo, che non si riduca ad attacchi personali e a strumentalizzazioni mediatiche. Addeo, nella sua difesa, ha implicitamente invocato il principio che l’indipendenza di giudizio non debba essere compromessa dalla necessità di conformarsi a un pensiero dominante, un principio fondamentale per il corretto funzionamento di una società democratica.
Professore sotto accusa: il post, il rammarico e la difesa del dissenso.
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