Il porto di Salerno, crocevia strategico per i traffici commerciali, si è rivelato negli ultimi anni un nodo cruciale per una complessa rete criminale dedita al narcotraffico internazionale.
Un’inchiesta di portata epocale, denominata “Drugstore”, ha scoperchiato un’organizzazione criminale transnazionale che, sfruttando le infrastrutture portuali, importava ingenti quantitativi di stupefacenti dal Sud America, destinati al mercato locale e regionale.
La vicenda ha portato a condanne definitive e assoluzioni, ponendo fine a un processo lungo e articolato, celebrato in abbreviato, e che ha coinvolto esponenti di diverse realtà criminali.
L’operazione ha svelato un sistema sofisticato, caratterizzato da una collaborazione occulta tra diverse fazioni: la potente ‘ndrangheta calabrese, con ramificazioni che si estendono dalla regione ionica alla Campania, e intermediari di origine napoletana, figure chiave nell’agevolazione dei traffici e nel riciclaggio di denaro.
La ‘ndrangheta, in particolare, ha visto coinvolti membri di spicco della famiglia Alvaro, originaria di Sinopoli (Reggio Calabria), con Nicola e Francesco Alvaro condannati a pene di 10 anni e 8 mesi, a testimonianza della loro rilevanza all’interno dell’organizzazione.
Le sentenze, che variano significativamente in base al ruolo ricoperto all’interno della rete, riflettono la complessità del sistema criminale.
Giuseppe Carraturo ha ricevuto una condanna di undici anni, mentre Enrico D’Ambrosio è stato condannato a 5 anni e 4 mesi.
Carmine Ferrara si è visto infliggere 9 anni e 4 mesi, Fortunato Marafioti 10 anni e 8 mesi, Franco Volpe ben 14 anni, e Salvatore Rocco, assistito da un team di avvocati provenienti da Napoli e Roma, ha ricevuto una pena di 7 anni e 4 mesi.
L’inchiesta ha dimostrato come il porto di Salerno fosse diventato un punto di convergenza per il narcotraffico, non solo come mero passaggio di merci, ma come centro logistico e finanziario.
Nel 2024, un’ulteriore tranche di indagini ha portato all’esecuzione di quindici misure cautelari, che hanno visto undici arresti in carcere, tre ai domiciliari e un obbligo di dimora, estendendo la rete di indagati e confermando la struttura complessa e radicata dell’associazione a delinquere transnazionale.
Secondo le indagini della Procura di Salerno, guidata dal procuratore Valente, all’apice di questa struttura si trovava un capo riconosciuto, la cui identificazione ha rappresentato un elemento cruciale nell’azione di contrasto alle attività illecite.
L’operazione “Drugstore” si configura dunque come un tassello importante nella lotta al narcotraffico, evidenziando la necessità di un controllo sempre più rigoroso e di una cooperazione internazionale per contrastare efficacemente queste forme di criminalità organizzata.