Un’operazione dei Carabinieri ha disarticolato una sofisticata organizzazione criminale dedita a frodi informatiche su scala nazionale, con ramificazioni che si estendono dalla Campania alla Liguria.
L’inchiesta, innescata da una truffa subita da un genovese nel dicembre 2023, ha portato a perquisizioni coordinate a Napoli, Salerno e Caserta, svelando una rete complessa e ben strutturata.
L’associazione, con sede operativa nella provincia di Napoli, si avvaleva della tecnica dello smishing – l’invio di messaggi SMS ingannevoli – per manipolare le vittime.
Questi SMS, abilmente confezionati per simulare comunicazioni urgenti da parte di corrieri o istituzioni finanziarie, inducevano gli ignari destinatari a fornire dati sensibili, aprendo la strada al furto di denaro.
L’abilità dei truffatori risiedeva non solo nella creazione di messaggi convincenti, ma anche nella loro capacità di sfruttare la crescente dipendenza dei cittadini dai canali digitali per comunicazioni finanziarie e logistiche.
Il flusso illecito di denaro veniva “ripulito” attraverso un negozio di proprietà della banda, utilizzato come facciata per operazioni finanziarie opache.
Parte dei proventi veniva investita in criptovalute, dimostrando la familiarità dell’organizzazione con le nuove tecnologie finanziarie e la volontà di eludere i controlli tradizionali.
Questa scelta non era casuale, ma rifletteva una strategia deliberata per rendere più difficile la tracciabilità dei fondi e proteggere i responsabili.
L’indagine ha inoltre rivelato un ulteriore filone criminale connesso all’associazione: la produzione e la commercializzazione illegale di sostanze anabolizzanti, finanziata con i proventi delle frodi informatiche.
Questa attività, svolta da uno degli indagati, evidenzia una diversificazione dei flussi di reddito illeciti e una propensione all’espansione in settori illegali.
Il sequestro di 960.000 euro in contanti testimonia la portata ingente delle risorse accumulate dalla banda.
Il ritrovamento di un locale destinato alla vendita di sostanze dopanti, insieme ai numerosi cellulari (50 con altrettante SIM) e alle carte di credito intestate a prestanome, suggerisce un’organizzazione capillare e una pianificazione meticolosa.
Particolarmente significativo è il sequestro di un “jammer” e di rilevatori di frequenza, strumenti utilizzati per interferire con le intercettazioni ambientali, indicando una consapevolezza, da parte dei criminali, del rischio di essere scoperti e la volontà di proteggere le proprie comunicazioni.
I wallet contenenti criptovalute (Bitcoin, USDT ed Ethereum) per un valore di circa 31.000 euro, insieme agli oggetti d’oro sequestrati per 25.000 euro, completano il quadro di una ricchezza illecitamente accumulata.
Le accuse formulate dalla Procura di Napoli (Sicurezza dei Sistemi Informatici) sono di estrema gravità: associazione a delinquere finalizzata a frodi informatiche, accesso abusivo a sistemi informatici, riciclaggio e auto-riciclaggio, nonché illeciti relativi alla produzione e somministrazione di sostanze per alterare le prestazioni agonistiche, configurando una vera e propria catena di reati connessi e interdipendenti.
L’operazione rappresenta un significativo passo avanti nella lotta contro la criminalità informatica e nel contrasto alle attività illecite che si avvalgono delle nuove tecnologie per perpetrare truffe e reati di varia natura.