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Sylla Mamadou: Tragedia in carcere, ombre sul sistema giustizia.

La comunità di Caserta e Napoli è scossa dalla tragica scomparsa di Sylla Mamadou, un giovane sarto senegalese di 35 anni, deceduto in custodia cautelare presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere.

La sua vicenda, costellata di eventi drammatici e interrogativi urgenti, solleva interrogativi profondi sul sistema di giustizia, sulla gestione della salute mentale in contesti detentivi e sulle implicazioni dell’integrazione sociale.
L’episodio che ha portato al suo arresto, il 25 settembre, si è consumato nella stazione ferroviaria di Caserta.

Sylla, impiegato presso l’azienda di sartoria IsaiaeIsaia a Casalnuovo di Napoli e legato da una relazione stabile con una giovane donna residente a Casagiove, manifestava un evidente stato di agitazione.
Secondo le dichiarazioni delle forze dell’ordine, avrebbe aggredito due persone: un cittadino italiano, di cui ha sottratto il cellulare, e una donna anziana.

L’intervento di tre agenti della Polfer ha portato al suo blocco, ma anche a lesioni riportate dagli stessi.
Il giovane è stato successivamente trasportato in ospedale per le cure del caso e poi trasferito alla Polfer per l’arresto e, infine, al carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove è spirato.
La vicenda è ora al vaglio dell’avvocato Clara Niola, del foro di Napoli Nord, che ne sta seguendo il caso legale.

L’udienza di convalida dell’arresto, prevista per il giorno successivo alla sua morte, non si è potuta tenere.

La Procura di Santa Maria Capua Vetere ha disposto un’autopsia per determinare con precisione le cause del decesso, un atto cruciale per fare luce su una vicenda che appare avvolta da zone d’ombra.

La famiglia e gli amici, profondamente addolorati, riferiscono della somministrazione di farmaci a breve distanza di tempo, sollevando dubbi cruciali sulla loro necessità e appropriazione in un contesto carcerario.
La scomparsa di Sylla rappresenta una perdita non solo per la sua famiglia e i suoi affetti, ma anche per la comunità che lo aveva accolto e sostenuto.

Mimma D’Amico, responsabile del Centro sociale ex Canapificio di Caserta, che aveva assistito Sylla nel 2018 e continuava a supportarlo nel suo percorso lavorativo, sottolinea il suo impegno e la sua integrazione nel tessuto sociale.
Sylla, dopo un periodo di accoglienza, aveva trovato una stabilità lavorativa, dimostrando la possibilità di un percorso di reinserimento positivo.
Il caso di Sylla Mamadou non è solo una tragedia personale, ma anche un campanello d’allarme.

Richiede una riflessione urgente sulla salute mentale dei detenuti, sull’uso appropriato dei farmaci in ambiente carcerario e sulla necessità di garantire un’assistenza adeguata a persone vulnerabili, promuovendo al contempo l’integrazione sociale e offrendo opportunità di riscatto.

L’inchiesta dovrà fare luce non solo sulle cause del decesso, ma anche sulle circostanze che hanno portato a un evento tanto inatteso e doloroso, tutelando la memoria di Sylla e cercando di prevenire che simili tragedie si ripetano.

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