La tragica scomparsa di un uomo di sessant’anni, originario della provincia di Napoli, ha gettato un’ombra sulla Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS) di San Nicola Baronia, in provincia di Avellino.
L’evento, consumatosi nel reparto di Rianimazione del Moscati di Avellino, dove l’uomo era stato precedentemente ricoverato, solleva urgenti interrogativi sulla sicurezza, il monitoraggio e l’assistenza a persone con disturbi psichiatrici all’interno di strutture detentive.
Secondo le prime ricostruzioni, il sessantenne, affetto da problematiche psichiatriche complesse, sarebbe deceduto in seguito a un’aggressione violenta perpetrata da un altro detenuto, di età inferiore.
L’episodio evidenzia una vulnerabilità strutturale, una potenziale carenza nel sistema di protezione dei soggetti più fragili all’interno della REMS, dove coesistono individui con diverse condizioni e livelli di pericolosità.
Il tempestivo intervento di due infermieri della struttura, che hanno applicato manovre di rianimazione cardiopolmonare e utilizzato un defibrillatore in un disperato tentativo di stabilizzare le condizioni del paziente, testimonia l’impegno del personale sanitario, spesso operante in contesti particolarmente difficili.
Nonostante gli sforzi, il trasferimento al Moscati non ha potuto evitare l’esito fatale.
La Procura di Benevento, territorialmente competente, ha immediatamente avviato un’indagine complessa, affidata ai Carabinieri, per accertare le dinamiche dell’aggressione, identificare le responsabilità e valutare eventuali negligenze nella gestione della REMS.
L’inchiesta si concentrerà sulla ricostruzione completa dei fatti, sull’analisi delle procedure interne di sicurezza e sull’esame delle condizioni di vita e di cura dei detenuti, con particolare attenzione ai pazienti psichiatrici.
Questo episodio doloroso non è solo una tragedia personale, ma anche un campanello d’allarme che richiama l’attenzione sulla necessità di un profondo ripensamento del sistema di gestione delle REMS.
Si rende urgente una revisione dei protocolli di sicurezza, un aumento del personale specializzato, una formazione continua degli operatori e un potenziamento dei servizi di supporto psicologico e psichiatrico, al fine di garantire la dignità e la sicurezza di ogni individuo, anche in contesti di detenzione.
La vicenda pone, infine, una questione etica cruciale: come bilanciare la necessità di sicurezza pubblica con il diritto alla salute e al rispetto dei soggetti più vulnerabili, affetti da disturbi psichiatrici, all’interno del sistema penale.