Un velo di profondo lutto ha avvolto Napoli in questi giorni, un dolore tangibile che si è manifestato con solennità e sgomento nelle chiese di San Giorgio Maggiore, San Giacomo e a Secondigliano.
Tre comunità si sono riunite per celebrare le esequie di Vincenzo Del Grosso, Ciro Pierro e Luigi Romano, tre vite spezzate da un tragico incidente sul lavoro che ha scosso la città il 25 luglio.
L’evento, più che una semplice sfortunata fatalità, si configura come una lacerante metafora delle fragilità che affliggono il tessuto sociale e produttivo della regione.
La chiesa di San Giorgio Maggiore, nel cuore di Forcella, è stata teatro di una commozione palpabile, dove amici, familiari e vicini hanno espresso il loro cordoglio per Vincenzo Del Grosso, un uomo di 54 anni strappato troppo presto alla sua famiglia.
Similmente, a Calvizzano e a Secondigliano, le comunità si sono unite nel lutto per Ciro Pierro, 62 anni, e Luigi Romano, 67 anni, uomini che avevano contribuito con il loro lavoro e la loro presenza alla vita del territorio.
Le celebrazioni funebri, al di là delle consuetudini religiose, hanno assunto una risonanza sociale più ampia, amplificata dalle parole accorate del Cardinale Crescenzio Sepe e del parroco don Antonio Scarpato.
Le denunce del Cardinale, rese note durante i funerali di Pierro, hanno puntato il dito contro un sistema di appalti distorto, permeato da pratiche illegali e sfruttamento della manodopera, evidenziando come la ricerca del profitto a tutti i costi possa generare conseguenze devastanti.
Don Scarpato, con un’omelia carica di significato, ha ampliato il quadro, definendo l’incidente sul lavoro non come un evento isolato, ma come parte di una “guerra silenziosa” che imperversa nei quartieri, una guerra che si combatte con la violenza, i femminicidi, la disoccupazione e, appunto, con la perdita di vite umane sul posto di lavoro.
Questa “guerra” non trova spazio solo nei telegiornali che narrano conflitti internazionali, ma si insinua nel quotidiano, nelle fabbriche, nei cantieri, nei luoghi dove uomini e donne si impegnano per guadagnarsi da vivere.
L’appello del parroco è un monito a non rimanere indifferenti, a non voltare lo sguardo di fronte a queste tragedie evitabili.
Implica una responsabilità collettiva, un impegno a promuovere un cambiamento radicale nel modo di intendere il lavoro e la sicurezza.
Non si tratta solo di applicare normative più stringenti, ma di instillare una cultura della prevenzione, della dignità umana e della giustizia sociale.
La memoria di Vincenzo, Ciro e Luigi non possa svanire nel silenzio, ma diventi lo stimolo per un futuro più sicuro e giusto per tutti.
Il lutto, dunque, si trasforma in un invito all’azione, un imperativo morale per costruire una società più attenta e compassionevole.