Un’articolata frode a danno del sistema incentivante nazionale per l’efficientamento energetico ha coinvolto una società con sede a Poggiomarino, fallita nel frattempo, e tre figure apicali, responsabili di aver attestato falsamente l’esecuzione di lavori mai realizzati.
L’inchiesta, condotta dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli sotto la direzione della Procura Regionale della Corte dei Conti per la Campania, ha portato alla notifica di un invito a dedurre con istanza di sequestro conservativo, quantificando il danno erariale in oltre 30 milioni di euro.
L’azione fraudolenta si è concentrata sulla manipolazione del sistema dei “certificati bianchi”, strumenti finanziari complessi che rappresentano un incentivo pubblico per interventi di efficientamento energetico.
Questi certificati, dematerializzati e negoziabili, sono emessi dalla Gse (Gestore Servizi Energetici), società interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e il cui valore economico è stabilito annualmente dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera).
La società napoletana, in questo scenario, ha falsamente certificato l’esecuzione di interventi di isolamento termico di pareti e coperture, ottenendo l’emissione di ben 138.074 certificati bianchi.
La gravità della frode risiede nella successiva cessione illegittima di questi certificati sul mercato regolamentato dal Gestore dei Mercati Energetici (Gme).
I soggetti acquirenti, ignari della truffa, hanno incassato i relativi incentivi, ampliando esponenzialmente il danno erariale e compromettendo l’integrità del meccanismo di incentivazione.
L’infiltrazione della frode nel mercato ha generato una catena di conseguenze finanziarie che si estendono ben oltre la sfera locale.
Le indagini, coordinate dal vice procuratore generale Davide Vitale, hanno rivelato un quadro di complessità organizzativa.
Le false attestazioni non si limitavano a dichiarazioni infondate, ma si sostenevano anche con la presentazione di fatture contraffatte, come evidenziato da un’indagine parallela condotta dalla Procura di Treviso.
Un ulteriore elemento di allarme è emerso dalle verifiche condotte presso i Comuni interessati: i titoli autorizzativi e abilitativi necessari per la certificazione dei risparmi energetici risultavano inesistenti negli archivi comunali, indicando una pianificazione accurata e premeditata della frode.
La creazione di localita’ immaginarie per mascherare l’illecito testimonia la sofisticazione operativa del sistema fraudolento.
L’inchiesta solleva interrogativi cruciali sulla governance del sistema incentivante nazionale, evidenziando vulnerabilità nei controlli e nelle procedure di verifica che hanno permesso a una frode di tale portata di rimanere inosservata per un periodo prolungato.
La vicenda, oltre a comportare pesanti ripercussioni penali e amministrative per i responsabili, pone l’urgenza di una revisione approfondita del quadro normativo e degli strumenti di controllo per garantire l’efficacia e la trasparenza degli interventi a sostegno dell’efficientamento energetico e della transizione ecologica del paese.
L’operazione sottolinea, inoltre, la necessità di una maggiore collaborazione tra le forze dell’ordine, gli enti di controllo e le amministrazioni locali per contrastare efficacemente le frodi che danneggiano il patrimonio pubblico e compromettono la sostenibilità ambientale.