L’eco dell’Olocausto, marchio indelebile sulla coscienza umana, persiste come un monito, un’ombra che si allunga ben oltre i confini temporali in cui si è consumata. La testimonianza, più che mero racconto, si configura come un atto di resistenza, un’ancora di salvezza nel vortice dell’oblio. Assistere, oggi, non significa semplicemente osservare, ma confrontarsi con scenari di sofferenza che sembrano riverberare il passato, declinandosi in forme nuove, per quanto altrettanto sconvolgenti.Anna Foglietta, interprete sensibile e voce impegnata, ha incarnato questa dolorosa realtà al BCT Festival di Benevento, attraverso un monologo intenso, “Io non torno a casa”, in occasione del commiato dagli ottant’anni dalla liberazione di Auschwitz. Partendo dalla storia toccante di Miriam Levi, una giovane donna strappata alla sua esistenza e deportata, l’attrice ha saputo tessere un filo narrativo che ha esteso la sua riflessione agli orrori contemporanei.La drammaticità delle immagini che ci raggiungono – bambini affamati, adolescenti mutilati che implorano la morte, uomini e donne privati di ogni cosa e brutalmente assassinati mentre cercano un misero boccone – rivela una frattura profonda nell’umanità, una paralisi morale che ci rende complici dell’ingiustizia. La solidarietà profonda e incondizionata di Foglietta verso il popolo palestinese non è un gesto isolato, ma una presa di posizione chiara contro ogni forma di oppressione e violenza.Il monologo non si limita a denunciare le atrocità che si verificano in Palestina, ma solleva interrogativi cruciali sulla nostra responsabilità collettiva. Come possiamo considerare noi stessi civili quando permettiamo che l’indifferenza si trasformi in silenzio complice? Come possiamo onorare la memoria delle vittime dell’Olocausto se continuiamo a tollerare l’oppressione e la sofferenza altrui?Il richiamo di Foglietta è un appello alla vigilanza, un invito a riscoprire il significato della compassione e della giustizia. Non possiamo permettere che il passato si ripeta, che l’orrore trovi nuove terre in cui prosperare. La memoria non è solo un ricordo, ma un impegno attivo per un futuro di pace e dignità per tutti. “Io non torno a casa” non è solo il grido di una vittima, ma l’eco di una speranza che ci esorta a non arrenderci mai di fronte alle tenebre. È un monito a trasformare l’indifferenza in azione, a dare voce a chi non ne ha, a costruire un mondo dove l’umanità prevalga sull’odio.