Bertozzi e Casoni a Capodimonte: Ceramiche tra Eredità e Metamorfosi

Bertozzi e Casoni: Un’Eredità Ceramica tra Metamorfosi e Sovrappiù al Museo di CapodimonteIl Museo e Real Bosco di Capodimonte si offre come palcoscenico per un’esposizione di straordinaria intensità: “Metamorfosi”, a cura di Eike Schmidt e Diego Galizzi, celebra il profondo legame tra il Museo e l’incomparabile duo artistico Bertozzi e Casoni (Giampaolo Bertozzi, 1957, e il compianto Stefano Dal Monte Casoni, 1961-2023).

L’evento, aperto fino al 26 aprile, immerge il visitatore in un universo ceramico complesso, frutto di un percorso artistico che affonda le sue radici in un’esperienza formativa cruciale: la visita, nel 2013, della mostra “Civiltà del Settecento” proprio a Capodimonte.
L’eredità di Bertozzi e Casoni si manifesta attraverso diciotto opere, alcune provenienti da collezioni private e altre presentate in assoluta anteprima, come “Rocco”, un polipo monumentale che introduce il percorso nel suggestivo Salottino pompeiano.
L’opera dialoga con l’ambiente, evocando un senso di storia e rinnovamento allo stesso tempo.
Un richiamo all’iconografia rinascimentale è evidente nel “Fenicottero degli stracci”, una vibrante interpretazione in ceramica policroma che rielabora il celebre Venere di Michelangelo Pistoletto, evidenziando un’inquietudine contemporanea che si confronta con il canone estetico.

La mostra non è semplicemente una retrospettiva, ma un omaggio alla capacità di Bertozzi e Casoni di ridefinire il ruolo della scultura in ceramica nel panorama artistico contemporaneo.
Formati nella prestigiosa scuola faentina, i due artisti hanno intrapreso una missione che, paradossalmente, sembrava suggerita dalla stessa storia della porcellana napoletana e dalla tradizione ceramica faentina.

Il loro lavoro si configura come una riscoperta della complessità tecnica e concettuale della ceramica, elevandola al rango di arte scultorea di primaria importanza.
La mostra si distingue per l’uso magistrale dell’iperrealismo, mescolato a elementi surreali e accenni ironici.

“Chicco House” (2005), collocata nella Sala della Culla, è un esempio lampante: una casetta giocattolo popolata da scimmiette frenetiche, un microcosmo di vitalità e disordine che riflette un’indagine sulla condizione umana.

L’interazione con arredi e oggetti crea un dialogo sorprendente, un gioco di rimandi e contrasti che stimola l’immaginazione.
Opere recenti come “Sparecchiatura,” “Grand Hotel” e un elaborato “Vassoio” testimoniano la ricerca continua di materiali eterogenei e la volontà di esplorare nuovi linguaggi espressivi.
L’installazione “Madonna scheletrita” (2008), realizzata con zolle di terra e scarti, incarna perfettamente questa poetica del recupero e della trasformazione.
“La morte dell’Eros” (2000-2023), una scultura di grandi dimensioni che pende dal soffitto, offre uno spettacolo scenografico di intensa emotività.
“Grottesca” (2013), esposta nella sala 93, si affianca a esempi di ceroplastica meridionale del XVIII secolo, creando un interessante confronto tra epoche e tecniche artistiche.

L’esperienza complessiva è un viaggio in un universo visivo caratterizzato da eccesso, accumulo e contraddizione, dove il dettaglio convive con la caoticità del rifiuto.

La ceramica si trasforma in un campo di sperimentazione, un territorio di confine tra preziosità e degrado, ordine e disordine, bellezza e bizzarria.
La presenza, all’inaugurazione, del sindaco di Faenza, Massimo Isola, sottolinea il significato di questa mostra come ponte ideale tra le due città, custodi di un patrimonio ceramico di inestimabile valore.
“Metamorfosi” non è solo una mostra, ma una celebrazione dell’ingegno umano, della capacità di trasformare il dolore in bellezza e di trovare significato nell’apparente caos del mondo.

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