Il Festival di Giffoni, luogo di incontro e sguardo attento al futuro, ha accolto quest’anno un’ombra persistente, un’eco di dolore che risuona da oltre quattro decenni: la scomparsa di Emanuela Orlandi.
Più che un semplice omaggio, l’evento ha offerto una piattaforma emotiva e riflessiva grazie al documentario “42 – Emanuela Orlandi”, un’opera intima e corale realizzata con la partecipazione diretta dei suoi familiari più stretti.
Il film non si configura come un’inchiesta giornalistica nel senso tradizionale, ma piuttosto come una finestra aperta sul vissuto di una famiglia dilaniata, un’esperienza condivisa da innumerevoli nuclei familiari che si trovano ad affrontare l’assenza ingiustificata di una persona cara, spesso con indagini frettolosamente archiviate.
La regia è affidata a Elettra Orlandi, nipote di Emanuela, con la partecipazione di Rebecca, che ha composto la commovente colonna sonora “Mantello di Quercia”, e con il contributo essenziale della giornalista Alessandra De Vita.
Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, ha sottolineato la natura profondamente personale del progetto, un’occasione per condividere la prospettiva di chi vive quotidianamente il peso di un mistero irrisolto.
La sua fiducia nelle istituzioni, seppur temperata da anni di attesa, è evidente.
La coesistenza di tre inchieste parallele – una in commissione parlamentare, una promossa dal Vaticano e un’altra condotta dalla Procura di Roma – rappresenta, a suo dire, un segnale inatteso dopo così tanto tempo, anche se non mancano forze contrarie.
L’amarezza di Pietro Orlandi traspare nel racconto del rapporto con il Vaticano, luogo di infanzia felice, improvvisamente trasformato in un ambiente distante e indifferente.
La sensazione di abbandono, la percezione di una mano che si allontana, ha profondamente segnato la sua esistenza.
Il dolore si estende oltre il Vaticano, includendo uno Stato percepito come inadeguato.
La testimonianza del padre, parole lapidarie e rassegnate: “Sono stato tradito da chi ho servito”, risuona come un grido di ingiustizia.
Rivolgendosi ai giovani giffoner, Pietro Orlandi ha lanciato un appello appassionato: non accettare passivamente le ingiustizie, di qualsiasi natura esse siano.
La verità e la giustizia dovrebbero essere i pilastri di una società equa.
Il sacrificio di Emanuela, spera, possa risvegliare le coscienze, stimolando un cambiamento profondo nella mentalità collettiva e contribuendo a una maggiore consapevolezza dei diritti e della necessità di perseguire la giustizia.
La sua speranza, più che un desiderio, è una certezza: la verità, prima o poi, affiorerà, illuminando un’ombra troppo lunga.