Nell’eterea cornice del Parco Archeologico di Pompei, un evento straordinario ha segnato la conclusione della prima edizione del Festival Internazionale del Cinema, voluto da Annarita Borelli e diretto da Enrico Vanzina. Lo scultore Domenico Sepe ha offerto al pubblico una performance scultorea di profonda suggestione, un atto creativo che si è configurato come un vero e proprio rito di passaggio tra l’antico e il contemporaneo.L’opera, ispirata all’iconografia del Fauno danzante – figura archetipica che incarna la vitalità primordiale, l’ebrezza pagana e il desiderio di trascendenza – non si è presentata come un mero prodotto estetico, bensì come un’emersione dalla materia stessa. Di fronte agli occhi attoniti e partecipi del pubblico, la scultura ha preso forma attraverso un processo alchemico: un corpo umano, plasmato dal gesto esperto dell’artista, si è progressivamente trasformato in pietra, materializzando una metamorfosi poetica che eleva l’esistenza a simbolo.Sepe ha dunque trasformato il palcoscenico in un laboratorio dell’anima, un luogo dove la creazione trascende la mera tecnica per abbracciare una visione profonda, una coscienza storica. L’atto scultoreo si è rivelato come un ponte ideale, un dialogo intergenerazionale che celebra la resilienza dell’arte e la sua capacità di attingere al passato per illuminare il presente. La tensione emotiva che permea l’opera è palpabile, un connubio inestricabile tra il gesto dell’artista e l’archetipo del Fauno, dove la memoria si incarna nella materia.Ma la sua presenza non si è limitata alla performance. Sepe ha curato anche i premi della serata, consegnando due opere evocative che ne definiscono l’impronta stilistica. La prima, un’opera in bronzo che raffigura il Fauno che emerge dalla pietra lavica vesuviana, testimonianza della forza primordiale della natura. La seconda, un bassorilievo che narra la rigenerazione dell’umanità attraverso l’arte, un inno alla speranza e al rinnovamento. Queste opere, assegnate a personalità di spicco come Marco Risi, Neri Parenti e Luca Ward, hanno ulteriormente arricchito la serata, condotta con maestria da Sergio Assisi.A completare il percorso artistico di Sepe, una grande scultura, esposta in esclusiva, offre una riflessione ancora più profonda. Questa opera, ispirata ai calchi di gesso delle vittime dell’eruzione del 79 d.C., restituisce alla vita figure sospese tra la morte e la memoria, donando loro un volto che, nelle parole dell’artista, si erge a simbolo della rinascita di un’epoca straordinaria e del parco archeologico che ne custodisce l’anima, un luogo di memoria e di speranza. L’opera di Sepe si configura quindi come un omaggio al passato, un invito alla riflessione sul presente e un auspicio per il futuro.
Pompei: Sepe, scultore di memoria e rinascita.
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