La recente intesa commerciale tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, incentrata sulle tariffe applicate ai prodotti agricoli, ha sollevato profonde preoccupazioni nel settore primario italiano, evidenziando una presunta mancanza di preparazione strategica da parte della Commissione Europea.
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha espresso apertamente il suo dissenso durante la visita al Bufala Fest di Napoli, sottolineando un approccio percepito come eccessivamente cauto e carente di una reale comprensione delle dinamiche produttive in gioco.
L’accordo, con un aumento potenziale delle imposte fino al 15% su diverse filiere europee, contrasta paradossalmente con la possibilità per gli Stati Uniti di esportare beni a dazio zero nel mercato europeo.
Questa disparità, secondo Prandini, rivela una superficialità nell’analisi dei potenziali impatti economici e rischia di compromettere la competitività delle imprese agricole italiane ed europee.
La precedente situazione, caratterizzata da regolamenti comparabili tra le due sponde dell’Atlantico, aveva in realtà limitato le esportazioni americane, che si concentravano su prodotti di qualità inferiore.
L’Italia e l’Europa avevano prosperato grazie alla valorizzazione della qualità, dell’eccellenza e della sicurezza alimentare, elementi distintivi che hanno consentito la protezione di un mercato interno solido e apprezzato dai consumatori.
L’attuale intesa, però, introduce un elemento di distorsione: un vantaggio competitivo per gli Stati Uniti dovuto a una tassazione più favorevole.
Questa situazione non solo mina la sostenibilità delle aziende agricole europee, ma rischia anche di erodere i valori che hanno reso il mercato europeo un modello di riferimento in termini di qualità e sicurezza alimentare.
Si teme che una concorrenza sleale, basata su prezzi artificialmente bassi, possa spingere i consumatori a preferire prodotti di qualità inferiore, compromettendo la reputazione e la vitalità del settore agricolo europeo.
È quindi imperativo, secondo Prandini, una revisione approfondita dell’accordo, con l’obiettivo di garantire una maggiore equità e di proteggere la qualità intrinseca dei prodotti europei, pilastro fondamentale per la salvaguardia del tessuto economico e sociale del continente.
La questione solleva interrogativi cruciali sulla necessità di una politica commerciale più assertiva e basata su una conoscenza approfondita dei settori produttivi, al fine di tutelare gli interessi strategici dell’Europa e dei suoi agricoltori.