Una mobilitazione interna al Comune di Napoli si fa portavoce di una presa di posizione politica dirompente: l’esclusione dei prodotti Coca-Cola dagli erogatori presenti nelle sedi comunali, un gesto simbolico di sostegno alla causa palestinese e un monito contro le implicazioni etiche del consumismo globale.
La richiesta, formalizzata in una petizione firmata da 150 dipendenti comunali e consegnata all’assessore al Welfare, Luca Trapanese, si inserisce nel contesto più ampio del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), un’iniziativa internazionale volta a esercitare pressione economica e politica su Israele e sulle aziende che si ritengono complici delle politiche israeliane nei territori occupati.
Al cuore della protesta si pone la Coca-Cola, un’azienda multinazionale percepita come un attore di sostegno, diretto o indiretto, alle violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti della popolazione palestinese.
La scelta di Coca-Cola non è casuale: l’azienda è da tempo bersaglio di una campagna di boicottaggio globale, alimentata dall’accusa di contribuire a sostenere il sistema di occupazione e di perpetuare disuguaglianze economiche e sociali.
L’iniziativa, lungi dal limitarsi a una semplice richiesta di esclusione di un prodotto, si configura come un tentativo di sensibilizzazione culturale e di stimolo alla riflessione critica nei confronti delle scelte di consumo.
L’assessore Trapanese, accogliendo positivamente la proposta, sottolinea come un gesto apparentemente marginale possa innescare un processo educativo e di consapevolezza, invitando a considerare l’impatto etico dei beni che quotidianamente utilizziamo.
“È un piccolo gesto che può essere sicuramente educativo culturalmente, a partire da Napoli, per far capire soprattutto che molti prodotti che noi utilizziamo sono complici anche di tragedie che vediamo nei social o in televisione”, ha dichiarato.
La mobilitazione interna non si ferma alla Coca-Cola.
I promotori della petizione estendono la richiesta di boicottaggio anche a Teva Pharmaceutical Industries, una multinazionale israeliana leader nel settore farmaceutico, chiedendo che non le venga concesso spazio durante PharmExpo 2025, la fiera internazionale in programma a Napoli.
Questa estensione sottolinea un intento più ampio di scrutinio delle aziende che operano in Israele e che si ritengono coinvolte in pratiche lesive dei diritti umani.
La petizione riconosce i limiti dell’azione locale, sottolineando che Napoli non può unilateralmente alterare gli equilibri geopolitici globali.
Tuttavia, rivendica il diritto e la responsabilità di dare un segnale simbolico forte, in coerenza con la tradizione di solidarietà e impegno a favore dei diritti umani che storicamente caratterizza la città.
L’iniziativa, dunque, si propone come un atto di testimonianza e di impegno civile, un tentativo di tradurre in pratica i valori di giustizia e equità che animano la comunità napoletana, invitando a una riflessione più profonda sulle connessioni tra consumismo, geopolitica e responsabilità etica.
L’azione mira a stimolare un dibattito pubblico e a promuovere una cultura del consumo consapevole e responsabile, capace di coniugare il piacere del consumo con l’impegno per un mondo più giusto e sostenibile.