La ferita di Eindhoven è aperta, un’emorragia di fiducia da arrestare con urgenza.
Antonio Conte non si concentra tanto sulla composizione della squadra che scenderà in campo al Maradona contro l’Inter, quanto sull’imperativo di un’autentica metamorfosi psicologica.
La disfatta olandese ha lasciato un veleno subdolo, un’eredità di dubbi e smarrimento che minaccia di erodere le fondamenta del progetto.
La priorità assoluta è la purificazione, la rimozione di ogni residuo di demoralizzazione e la riaccensione di quella fiamma di determinazione che ha illuminato la passata stagione.
Il cammino, come riconosciuto dallo stesso Conte con franchezza negli spogliatoi, si presenta impervio.
Non si tratta di una semplice correzione tattica, ma di un’analisi profonda delle dinamiche interne alla squadra.
Il Napoli di quest’anno, al di là delle potenzialità tecniche individuali, manifesta delle incongruenze strutturali, delle dissonanze che ne compromettono la coesione e l’efficacia.
Il ritorno alla base operativa, la ripresa degli allenamenti, ha visto il tecnico salentino esprimere chiaramente le sue aspettative.
Non intende tollerare repliche di quella sofferenza collettiva, quel disfacimento sul campo, quella resa passiva di fronte alla superiorità del PSV.
La squadra deve riappropriarsi della sua identità, recuperando quell’agonismo feroce che le ha permesso di dominare lo scorso anno.
Il primo passo, imprescindibile, è la ricostruzione del capitale morale.
Bisogna rinsaldare i legami, favorire l’empatia tra i giocatori, riscoprire l’unità di intenti che ha caratterizzato il percorso vincente.
Non si tratta solo di un esercizio di resilienza, ma di una profonda riflessione sulla responsabilità individuale e collettiva.
L’aspetto delicato riguarda poi la gestione degli elementi insoddisfatti, di chi aspira a un ruolo più centrale e si percepisce penalizzato.
Conte si mostrerà irremovibile: chi non ottiene il minutaggio desiderato dovrà incanalare la propria frustrazione in un impegno ulteriore nell’allenamento, sostenendo attivamente i compagni.
Non saranno più tollerati atteggiamenti passivi, lamentele sommesso o manifestate pubblicamente, come la recente polemica di Lang.
L’ambiente deve essere improntato a un sano spirito di competizione, volto al miglioramento individuale e al rafforzamento del gruppo.
Paradossalmente, l’impegno contro l’Inter, un avversario di elevatissimo calibro tecnico, potrebbe fungere da catalizzatore per la reazione auspicata.
Affrontare una squadra di tale caratura, spronerebbe i giocatori a superare i propri limiti e a riscoprire il valore del sacrificio.
Sul fronte tattico, le scelte rimangono in divenire.
L’indisponibilità di Hojlund crea incertezza.
Il recupero di Lobotka e Rrahmani resta una variabile da monitorare attentamente.
Per il momento, si prospetta una prosecuzione con il modulo 4-1-4-1, con la possibile reinserimento di Meret tra i pali, a scapito di Milinkovic-Savic.
Tuttavia, al di là delle scelte tecniche e modulares, l’aspetto preponderante è il *mindset*, l’atteggiamento mentale: la grinta, la resilienza, la rabbia costruttiva che spinge i giocatori a lottare su ogni pallone e a non arrendersi mai.
È questo, e solo questo, che potrà determinare il destino del Napoli.







