31 gennaio 2025 – 12:50
Un’indagine dei carabinieri, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha portato alla luce un intricato sistema di narcotraffico gestito da Cristian Damiani, una figura centrale nel mondo dello spaccio romano. Nonostante fosse detenuto, Damiani riusciva a dirigere il mercato della droga a livello internazionale, avvalendosi della collaborazione della madre, della moglie e di altri parenti e amici. Fabrizio Capogna agiva come intermediario, ma era Damiani a dettare le regole: contatti con i fornitori, prezzi di vendita e gestione dei proventi erano sotto il suo controllo. Anche l’avvocata Lucia Gargano del foro di Roma faceva la sua parte come intermediaria, portando messaggi e informazioni tra i vari attori coinvolti.Nell’ambito dell’indagine è emerso anche il coinvolgimento di uno psicologo dell’Asl Roma 2, Vincenzo Saulino, che operava presso il Servizio per le dipendenze Ser.D. a Rebibbia. Secondo le accuse mosse nei suoi confronti, Saulino avrebbe favorito certificazioni false per alcuni detenuti in cambio di denaro, arrivando addirittura a richiedere mille euro per una relazione psicologica favorevole ai fini penitenziari. Inoltre, è emersa l’accusa che Saulino abbia tentato di ottenere fondi regionali attraverso un’associazione creata ad hoc insieme ad altri professionisti.L’indagine ha coinvolto anche due operatori sanitari sospesi dal servizio pubblico per aver agevolato Saulino nella ricerca di nuovi detenuti da seguire, al fine di ottenere maggiori compensi dall’Asl. Si è così scoperto un intreccio oscuro tra traffico di droga e corruzione nel sistema penitenziario romano che ha destato scalpore nell’opinione pubblica e sollevato interrogativi sulla sicurezza e l’integrità delle istituzioni coinvolte.