La scomparsa di Arnaldo Pomodoro lascia un vuoto nell’arte contemporanea, un’assenza che Anna Maria Mattioli, consigliera comunale e presidente della commissione cultura di Pesaro, evoca con profonda commozione, attingendo ai ricordi condivisi dagli artisti Vangi e Sguanci. La sua testimonianza non è un semplice elogio funebre, ma un invito a perpetuare l’eredità intellettuale di Pomodoro, un artista che ha saputo trascendere i confini formali, stimolando negli studenti di storia dell’arte una riflessione critica e sprofondante. L’approccio pedagogico di Pomodoro, secondo Mattioli, ha instillato una curiosità insaziabile, spingendo a superare la mera contemplazione estetica per abbracciare un’analisi del profondo significato che si cela dietro l’apparenza. Non si trattava di decodificare un messaggio univoco, ma di avviare un dialogo aperto con l’opera, un’indagine continua e personale.Riflettendo sulle parole dello stesso Pomodoro, Mattioli ne sottolinea un’attualità sconcertante. La “sfera”, elemento iconico e ricorrente nella produzione scultorea dell’artista, si rivela un prisma complesso, specchio di un universo di significati. La sua definizione come “oggetto meraviglioso, del mondo della magia, del mondo dei maghi” trascende la semplice descrizione fisica, suggerendo una dimensione simbolica legata al mistero, alla trasformazione, alla capacità di rivelare e occultare.La sfera, indipendentemente dal materiale che la compone – cristallo, bronzo, acqua – assume la capacità di riflettere il contesto circostante, creando contrasti inaspettati che possono portare alla sua apparente scomparsa, lasciando emergere la sua essenza più intima, un “interiore tormentato e corroso, pieno di denti”. Questa immagine cruda e potente evoca un senso di fragilità e di vulnerabilità, suggerendo che anche la perfezione formale può nascondere sofferenza e conflitto.Pomodoro, in questa visione, non si limita a creare una forma, ma a costruire un microcosmo, un universo in miniatura. La sua sfera contiene, in sé, la forma della “città ideale”, un archetipo che affonda le sue radici nel Rinascimento italiano, epoca di utopie artistiche e di aspirazioni a una perfezione che si rivela irraggiungibile. Questa città ideale, a sua volta, incarna le speranze e i sogni non solo dell’artista, ma di una collettività globale, un’umanità che anela a un futuro migliore.L’opera di Pomodoro, dunque, si configura come un potente monito a non accontentarsi delle apparenze, a indagare le profondità del reale, a coltivare una sensibilità critica e a perseguire un ideale di bellezza che trascenda la mera estetica. La sua scomparsa ci lascia l’imperativo di onorare la sua memoria non con piangerini ricordi, ma con un impegno costante a portare avanti il suo messaggio di ricerca, di apertura mentale e di profonda umanità.
Arnaldo Pomodoro: un vuoto nell’arte, un’eredità da coltivare.
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