mercoledì, 2 Luglio 2025
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Bambini e detenute: Unicef chiede più tutela e case famiglia

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La tutela dei diritti dei bambini nati da madri detenute rappresenta una sfida etica e giuridica complessa, particolarmente urgente alla luce delle recenti osservazioni contenute nella Relazione della Corte Suprema di Cassazione relative al cosiddetto Decreto Sicurezza 2025. Unicef Italia esprime profonda preoccupazione per la fragilità di questa tutela, sottolineando l’imperativo di evitare che i minori, innocenti spettatori di una situazione penale, subiscano le conseguenze della detenzione materna, spesso in condizioni di profonda sofferenza.Il principio cardine che deve guidare ogni azione in questo ambito è il superiore interesse del minore, sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, ratificata dall’Italia con la legge 176 del 1991. Questo principio trascende ogni logica di generalizzazione o strumentalizzazione, privilegiando la salvaguardia dell’integrità psicofisica del bambino, con un’attenzione prioritaria alle sue necessità educative e affettive, spesso in conflitto con le esigenze di sicurezza e cautela.Negli anni recenti, Unicef Italia ha intensificato la collaborazione con le istituzioni per ridurre al minimo il numero di bambini costretti a vivere in carceri con le madri. Pur riconoscendo l’esistenza degli Istituti a Custodia Attenuata per le Detenute Madri (ICAM), l’esperienza sul campo suggerisce che questi non offrono una reale e soddisfacente alternativa al contesto carcerario, soprattutto se si considera la prospettiva del bambino. L’ambiente carcerario, con le sue limitazioni e la sua atmosfera, rischia di traumatizzare i minori e di compromettere il loro sviluppo armonioso.Unicef sostiene con forza le “Case-famiglia protette” come soluzione più adeguata e coerente con il superiore interesse del minore. Queste strutture offrono un ambiente accogliente e protettivo, che valorizza il ruolo genitoriale e promuove l’autonomia e la rieducazione alla legalità. Nelle case-famiglia protette, i bambini non sono segregati, bensì accolti in percorsi mirati di reinserimento educativo e sociale, che favoriscono il recupero di relazioni positive e la ricostruzione di un senso di sicurezza.La principale criticità che ostacola la diffusione di queste esperienze è la mancanza di finanziamenti pubblici adeguati. Attualmente, solo due case-famiglia protette operano in Italia, a Roma e a Milano, grazie all’impegno congiunto di diverse istituzioni e associazioni. Unicef Italia sollecita pertanto l’inserimento di risorse dedicate agli Enti locali nella prossima Legge di Bilancio, per consentire la replicazione di queste buone pratiche su scala nazionale. Investire nella protezione dei diritti dei bambini è un investimento strategico per il futuro, che contribuisce a costruire una società più giusta, sicura e inclusiva. È fondamentale che i bambini crescano in un ambiente familiare e comunitario sano, dove possano imparare valori positivi e sviluppare il proprio potenziale. La prima parola che ogni bambino dovrebbe imparare è quella dell’affetto e della protezione, non la parola della prigione.

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